Il processo a Trump per sottrazione illecita di documenti di stato e per ostruzione non si farà. La causa intentata in un tribunale federale della Florida è stata archiviata dalla giudice Aileen Cannon, la magistrata con competenza sul caso che si trascina dall’estate scorsa. E trascinare è davvero il termine che più si addice al modo con cui la giudice, designata proprio dall’allora presidente Donald Trump, ha gestito la procedura temporeggiando sin dall’inizio con pretesti tecnici e procedurali per ritardare il calendario e cassare ogni possibilità che si fosse potuto celebrare prima delle elezioni. Ieri il colpo di grazia che accoglie uno di tanti ricorsi della difesa, anzi il più legalmente devastante, quello secondo cui l’intero procedimento sarebbe stato illegittimo perché illegittima era stata la designazione di Jack Smith, il procuratore speciale scelto dal ministro della Giustizia Merrick Garland per indagare sui crimini di Trump.

DOPO IL COLPO di grazia già dato dalla Corte suprema all’altro processo basato sulle indagini di Smith, quello più grave, per tentata sovversione del trasferimento pacifico del potere e incitamento all’assalto al Parlamento del 6 gennaio 2021, la decisione di Cannon presagisce il collasso anche del terzo ed ultimo processo tecnicamente ancora in corso, quello per tentata corruzione dei risultati elettorali in Georgia nel 2020. In quell’occasione Trump era stato intercettato mentre chiedeva al segretario di stato di quello stato (cruciale per una vittoria nel collegio elettorale) di «far saltare fuori» gli 11.780 voti necessari a prevalere su Biden. Quel procedimento è attualmente bloccato dopo un ricorso dei legali di Trump legato alla «condotta irregolare» della procuratrice Fani Willis, accusata di aver illecitamente assunto un amante nel proprio staff. Anche questo è un ostacolo procedurale inizialmente sollevato per perdere tempo, ma la decisione di ieri, che si aggiunge alla «immunità presidenziale» inventatata dai togati della Corte suprema, lascia supporre ormai un colpo di spugna anche in quel caso.

NON POTEVA configurarsi uno scenario più favorevole per Trump, che raccoglie i dividendi delle nomine giudiziarie di magistrati “amici” disseminate durante il proprio mandato come altrettanti congegni ad orologeria. L’ex presidente che poco più di un mese fa era stato condannato a New York per la falsificazione dei libri contabili al fine di coprire i pagamenti illeciti all’ex pornostar Stormy Daniels e rischiava altri tre più gravi processi, oggi si ritrova graziato dall’indulto «su misura» della Corte suprema e prosciolto in Florida. In tutta probabilità, dopo aver schivato due impeachment, non affronterà alcuno dei processi penali per cui era stato denunciato. E vi è ora un forte dubbio che vengano perfino eseguite le condanne per frode nello stato di New York (la sentenza nel caso Daniels, prevista inizialmente per luglio è stata rimandata a settembre, ma nulla a questo punto è più certo).

Il contesto per gli ultimi sviluppi ovviamente è il tentato assassinio di sabato, pienamente impugnato dal partito come motivo per un’indulgenza plenaria ad effetto futuro e retroattivo. D’altra parte Mike Johnson, lo speaker teocon fedelissimo di Trump che guida la Camera, non aveva aspettato nemmeno un’ora dall’attentato prima chiedere in tv che alla luce dell’accaduto (senza ulteriori motivazioni legali), «fossero dichiarati decaduti tutti i processi a carico di Trump».

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L’incoronazione di Milwaukee, riprogrammata in canonizzazione, comprenderà dunque la sanzione definitiva dell’invulnerabilità di Trump alle leggi dei semplici umani, in ogni loro declinazione, con l’impossibilità di obbiettare, pena venire tacciati di essere allineati con le forze del male. La linea apocalittico-evangelica promette infatti di essere in primo piano durante una Convention la cui missione è di reinventare l’immagine del populista despotico, aspirante dittatore «per un giorno», nel martire raffigurato nella fotografia post-attentato già entrata nel canone patriottico-religioso.

SE IL GIOCO riuscirà, resterà annoverato fra le più clamorose manovre di illusionismo politico di sempre. E tuttavia i risultati sono già tangibili nel coro – anche mediatico – che esorta le «due parti» che devono «moderare i toni troppo accesi». Un teorema che falsifica la cronaca documentata del movimento – quello di Trump – che ha unilateralmente irrorato di violenza la politica nazionale, con una retorica maccartista di «immigrati criminali», «democratici traditori», «antiamericani woke» fino a rispolverare un repertorio da ventennio fascista popolato di «vermi e parassiti» da estirpare come nemici della patria. Un ethos già culminato nell’assalto violento al Parlamento del 2021. Parlare di due parti travisa di per se la realtà dei fatti.

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OGGI come oggi, l’uomo che ha seminato il vento dell’odio sembra pronto a schivare la tempesta di ogni giustizia. Ma è bene ricordare che è solo metà America che partecipa a questo progetto che somiglia ogni giorno di più ad un colpo di mano.