«A Cuba c’è una dittatura, una tirannia brutale come poche volte si è visto». Non risparmia accuse roventi Yunior García Aguilera una volta «in salvo» a Madrid. Dov’è giunto lunedì sera, mentre a Cuba si attendeva che oppositori e dissidenti, convocati dal medesimo García, rischiassero la repressione per manifestare contro il governo.

IL DRAMMATURGO ha affermato che non sa «perché mi abbiano lasciato uscire (da Cuba, ndr)». «Forse pensano di aver vinto», ha aggiunto riferendosi alla “Marcia civica” convocata da Arcipelago, la piattaforma di oppositori di cui García è diventato di fatto il portavoce, oltre che il promotore. Marcia che non ha avuto luogo. «A causa del massiccio schieramento di polizia e esercito», secondo gli oppositori.

Ma anche perché gran parte di coloro che dovevano essere mobilitati, i cubani dei quartieri marginali, in maggioranza neri o mulatti, che erano scesi nelle strade lo scorso 11 luglio perché più soffrono la gravissima crisi che colpisce Cuba, alla fine non si sono fidati della convocazione da parte di un gruppo di «intellettuali».

Il fatto che il più rappresentativo dei promotori di Arcipelago si sia «dato alla fuga» come asserisce il blog Cubadebate, senza che nemmeno gli altri responsabili cubani della piattaforma di oppositori lo sapessero (in rete Arcipelago aveva denunciato «la scomparsa di García», probabilmente arrestato), «ha confermato (…) quanto poco fosse rappresentativo» il drammaturgo.

HUMBERTO LÓPEZ, il giornalista della tv di stato (e unica) che più ha esercitato il ruolo di Torquemada nei confronti di García, ha pubblicato una foto che lo ritrae all’aeroporto José Martí, in attesa di imbarcarsi in un volo di linea grazie al visto ottenuto con grande rapidità dall’Ambasciata spagnola.

«Se marcha.. a España» era il commento di Cubadebate, con ironico riferimento alla Marcha civica alla quale García non ha partecipato per marcharse (andarsene, scappare) in Spagna assieme alla moglie.

IL DRAMMATURGO E ALTRI esponenti di Arcipelago si sono interrogati come sia López, sia Cubadebate abbiano avuto la foto della «fuga». La risposta, ovvia, è che è stata fornita «dalla Sicurezza di Stato». La quale però ha messo in chiaro di non aver né obbligato, né proposto a García di abbandonare il paese. Le autorità cubane si sono limitate «a non porre ostacoli». La responsabilità della scelta di andarsene da Cuba è del drammaturgo. L’aiuto concreto a attuare questa scelta è stato delle autorità spagnole.

García ha scelto «el destierro» una sorta di esilio provocato, con il beneplacito del governo che così vede uscire dalla scena cubana uno degli oppositori più rappresentativi, e la complicità della Spagna che vuole evitare una grave crisi nei rapporti con l’isola (cinque giornalisti dell’agenzia spagnola Efe erano stati privati dell’accreditamento e mercoledì solo quattro di loro sono tornati in possesso del documento che permette di lavorare): questo il commento di un politologo che preferisce l’anonimato.

«MI HANNO SPEZZATO». Era stato questo il primo commento di Yunior García all’arrivo a Madrid. Il drammaturgo era stato minacciato, linciato in tv, e isolato nella sua casa, dove una grande bandiera cubana messa dai vicini aveva quasi del tutto oscurato la sua finestra. Una dichiarazione che gli era valsa la solidarietà umana anche di chi non la pensa come lui. A differenza delle sue dichiarazioni belligeranti di ieri, ad usum della «stampa libera».

 

Bandiere cubane sul palazzo in cui abitava Yunior Garcioa a L’Avana (Ap)