La chiamano «la sorpresa di ottobre», la notizia bomba che arriva a ridosso delle elezioni presidenziali di novembre. Per questa tornata elettorale in molti pensavano avrebbe riguardato le dichiarazioni dei redditi di Trump, mai viste e di cui si parla dal 2016. Così è stato.

Alla vigilia del primo faccia a faccia tra Biden e The Donald, il New York Times è riuscito a entrare in possesso delle dichiarazioni dei redditi del tycoon e ha pubblicato un’inchiesta dove si dimostra che Trump è riuscito a non pagare le tasse per anni.

Comincia così: «Donald J. Trump, l’anno in cui ha vinto la presidenza, ha pagato 750 dollari in tasse federali sul reddito. Nel suo primo anno alla Casa Bianca, ne ha pagati altri 750». E prosegue spiegando che se per 10 anni sui 15 precedenti non ha versato proprio niente, nei cinque anni in cui lo ha fatto ha versato al fisco 1,4 milioni l’anno. Molto meno dei 25 miliardi di dollari che i suoi colleghi parimenti miliardari sborsano.

Ciò che hanno fatto Trump e i suoi commercialisti sono magheggi fiscali al limite della legalità per eludere completamente le imposte, anche tramite un enorme rimborso fiscale di 72,9 milioni di dollari, ricevuto probabilmente come compenso per il fallimento dei casino di Atlantic City, New Jersey, e per il quale gli ispettori dell’Internal Revenue Office (Irs) stanno indagando dal 2011, proprio per verificare se non siano state commesse irregolarità.

È il famoso «audit» a cui Trump si appella quando dice di essere impossibilitato a mostrare la propria dichiarazione dei redditi, visto che è sotto indagine. Da quel cumulo di carte emergono i dettagli decadenti del personaggio grottesco che è Donald Trump. Come le spese addossate alla Trump Organization per 75 mila dollari, usate da The Donald per farsi sistemare i capelli quando conduceva il reality The Apprentice, esempio di «costo aziendale deducibile».

La Trump Organization avrebbe compilato i bilanci denunciando perdite in tutti i settori, ma Trump continua a dire di essere un vincente. Secondo l’inchiesta del New York Times, non è così: sulle finanze personali del tycoon peserebbero centinaia di milioni di dollari di debiti, legati in gran parte alla gestione della Trump Organization. E il presidente sarebbe personalmente responsabile di 421 milioni di debiti da rimborsare alle banche entro quattro anni.

Se questa notizia sposterà voti non si sa. Di certo non gliene attira. E considerando che Trump è indietro nei sondaggi, ogni giorno in cui non riesce a recuperare terreno su Biden diventa un problema.

Mentre questo tsunami elettorale si abbatte su Washington, a portare avanti la campagna elettorale ci prova Mike Pompeo, in Europa per affrontare temi di primaria importanza per l’amministrazione Trump, dal commercio alla sicurezza, dalla pandemia al nucleare, e questioni spinose tra cui quella relativa alle sanzioni iraniane, alla stabilità del Mediterraneo orientale e ai rapporti con la Cina.

Oggi arriverà a Roma per chiedere all’Italia e al Vaticano un distanziamento da Pechino. Il Papa ha già detto di non volerlo ricevere: «Il Pontefice non usa ricevere segretari di Stato in periodo di campagna elettorale». Mentre la Farnesina, così come Conte, difenderà la Road and belt initiative, l’accordo sulla nuova Via della seta firmato con la Cina.