Quando Enrico Letta, accolto al Nazareno da un applauso dei dirigenti Pd a metà pomeriggio, dice che sei mesi fa non avrebbe osato sperare in un risultato del genere dice la verità. Ora, con lo strike dei ballottaggi, abbandona il suo solito aplomb: «Vittoria trionfale. Sono tornato in Italia per risollevare il Pd e ci siamo riusciti. La destra sembrava invincibile, così non è».

Una vittoria che l’ex sottosegretario di Prodi sceglie di festeggiare a piazza Santi Apostoli, quella delle vittorie dell’Ulivo, «luogo evocativo e simbolico». La location giusta per ribadire la linea del nuovo Ulivo. E del resto, spiega, «gli elettorati del centrosinistra sono più avanti di noi, si sono fusi. Il Pd sarà sempre più federatore, garante e motore attivo di un vasto campo progressista».

Letta sale sul palchetto con Roberto Gualtieri, neosindaco di Roma, Nicola Zingaretti e Goffredo Bettini sulle note di Bella Ciao. Ma poi la parola la lascia solo a Gualtieri: la sua la vittoria più bella e difficile.

UN RISULTATO CHE APPARE già chiaro poco dopo le 16, nessuna suspence: Gualtieri scende nel salone del suo comitato al Portonaccio, sulla Tiburtina, accompagnato dalla immancabile colonna sonora di Tommaso Paradiso («I nostri anni») e dai cori dei suoi volontari. Saluta gli avversari con stile, dice come da copione che sarà «il sindaco di tutti, anche di chi non ha votato», ammette che gli «tremano le vene ai polsi» per l’impegno di riportare Roma al rango di capitale europea.

«Vogliamo ripulirla», spiega, «ma non ci basta: la città deve tornare a crescere, essere solidale, protagonista della ripartenza del Paese». «Non vi deluderemo», assicura, «rimetteremo in moto la partecipazione». Anche lui, pur fiducioso di spuntarla su Michetti, non si aspettava di arrivare al 60%. «Siamo oltre le aspettative, sono state premiate la serietà, la credibilità, la concretezza».

Gualtieri ribadisce che la sua maggioranza sarà quella che lo sostiene dall’inizio, dunque «nessun M5S in giunta» e neppure uomini di Calenda. «Ma saremo aperti alla collaborazione». Sulla squadra non si sbilancia, ci sarà tempo, «il mio assillo è far rinascere Roma, ci metterò tutto il mio impegno e la mia passione».

SUL PALCO DI SANTI APOSTOLI arrivano anche i presidenti di municipio, tutti di centrosinistra (solo uno è andato al centrodestra). In piazza qualche centinaio di persone, quasi tutti militanti e dirigenti del Pd e del centrosinistra, per la connessione sentimentale coi romani tocca aspettare. Letta se ne sta dietro il palco, in mano ha una bottiglia di champagne («regalo di una nostra fan»), si gode l’«onda» delle comunali, da nord a sud.

Ora il suo obiettivo è blindare Draghi: «Sostenerlo ci ha aiutato, gli elettori hanno capito che siamo quelli che vogliono far ripartire l’Italia». «Con questo risultato il Pd potrebbe volere le urne, perché in Parlamento siamo sottrappresentati. E invece vogliamo che Draghi vada avanti fino a fine legislatura».

L’ANALISI DEL LEADER PD è che il suo partito «ha vinto in tutta Italia», comprese Latina e Varese. «Abbiamo prevalso dove la destra aveva sbagliato i candidati, ma anche dove li aveva azzeccati, come Torino», ricorda in conferenza stampa al Nazareno. «Non dico che abbiamo risolto il problema delle periferie, ma non siamo più il partito delle ztl: nelle grandi città vinciamo in modo omogeneo in tutti i quartieri».

«Senza trionfalismi», precisa il segretario, e ricorda che «nel paese la destra è ancora elettoralmente forte, questa è solo una tappa ma decisiva, abbiamo dimostrato che una larga alleanza è concretizzabile, non astratta». «Non dobbiamo montarci la testa, dobbiamo sapere che le politiche sono un’altra cosa».

ORA PERÒ C’È LA LEGGE di bilancio, su cui i dem intendono pesare più che in passato. «Per noi deve essere centrata sulla salute per tutti, sull’istruzione, riduzione delle tasse sul lavoro a ammortizzatori sociali. Dobbiamo essere rapidi nell’applicazione dei fondi europei: in giro per l’Italia c’è grande aspettativa sul Pnrr, ma rischiamo il boomerang se le aspettative non venissero rapidamente concretizzate», il messaggio rivolto a palazzo Chigi.

A domanda su una sua possibile leadership del campo progressista svicola a suo modo: «La pazienza del lavoro di federatore i risultati li dà, io continuerò in questa direzione». Verso Conte le braccia restano aperte: «Ha dato un grande aiuto a Gualtieri. Con grande intelligenza politica sta gestendo bene una fase non semplice per lui da quando ha preso in mano il M5S».

PER I COMPAGNI DI PARTITO ha solo parole di elogio. Foto di gruppo al Nazareno con molti big, da Francesco Boccia (sua la regia delle comunali) a Dario Franceschini, Andrea Orlando, Giuseppe Provenzano, Paola de Micheli, le capogruppo Malpezzi e Serracchiani. Uno scatto sorridente che ricorda quello con Renzi dopo le europee del 2014. Altri tempi. Nessuno si sogna più di mettere in discussione la sua leadership. E in piazza spuntano anche i dirigenti della sinistra, da Fassina a Fornaro e de Petris. Lui sorride: «A marzo ho iniziato una salita ripida. Adesso vedo la cima avvicinarsi…».