«La vicenda è nota e il governo ha già chiarito più volte, anche in parlamento. L’Italia osserva in maniera scrupolosa il diritto nazionale e internazionale in materia di esportazione di armamenti e si adegua sempre e immediatamente a prescrizioni decise in ambito Onu o Ue. L’Arabia Saudita non è soggetta ad alcuna forma di embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea».

Così il ministero degli esteri risponde alle polemiche sollevate dal servizio del New York Times sulle bombe, fabbricate in Sardegna, che i sauditi usano nella guerra in Yemen, contro obiettivi militari e contro i civili.

Per nulla d’accordo con la Farnesina è il segretario di Possibile, Pippo Civati, che giudica la risposta del governo «reticente e imbarazzata»: «Già due anni fa, a febbraio 2016, presentai otto domande all’allora presidente del consiglio Matteo Renzi. Non abbiamo mai ricevuto risposte esaustive, anzi c’è stata la visita della ministra Pinotti a Riyadh, con annesse minacce di querela a chi denunciava quella vergogna».

Sul fronte pacifista alla Farnesina replica Alex Zanotelli, che sul sito Comune.info commenta: «In barba alla legge 185 che ce lo proibisce espressamente continuiamo a vendere le bombe prodotte dall’azienda Rwm all’Arabia Saudita, che le usa per bombardare lo Yemen, dov’è in atto la più grave crisi umanitaria mondiale secondo l’Onu (tutto questo nonostante ben quattro mozioni del Parlamento europeo)».

«L’Italia – continua – ha venduto armi anche al Qatar e agli Emirati Arabi, ordigni con cui quei paesi armano i gruppi jihadisti in Medio Oriente e in Africa (noi che ci gloriamo della lotta al terrorismo). Siamo diventati talmente competitivi in questo settore che abbiamo vinto una commessa per costruire quattro corvette e due pattugliatori per il Kuwait per un valore di 40 miliardi».

Intanto in Sardegna la fabbrica di Domusnovas lavora a pieno regime e per far fronte alle richieste dei sauditi potrebbe raddoppiare.

La Rwm (sede legale a Ghedi, in provincia di Brescia) è pronta ad ampliare lo stabilimento sul confine fra i territori dei comuni di Iglesias e di Domusnovas, sud-ovest dell’isola. «L’iter per l’ampliamento – scrive il sito Altraeconomia che per primo ha dato la notizia del raddoppio della fabbrica – è partito il 29 novembre scorso, quando la Rwm ha presentato una dichiarazione auto-certificativa allo sportello unico per le attività produttive del comune di Iglesias per realizzare un nuovo campo prove nella zona di San Marco. La notizia è stata ufficializzata lo scorso 9 maggio a Berlino da Armin Pappenger, amministratore delegato della Rheinmetall (la società tedesca che controlla Rwm) durante l’assemblea degli azionisti. Per l’ampliamento della fabbrica sono pronti investimenti per 40 milioni di euro».

Dal comune di Iglesias al progetto dei tedeschi è arrivato un sì sotto condizione: il consiglio ha dato parere favorevole al progetto Rwm, ma «a patto che l’intervento acquisisca le necessarie autorizzazioni paesaggistiche e che l’area in questione non sia gravata da ulteriori vincoli che possano impedirne la realizzazione».

A Domusnovas, invece, hanno fretta e di vincoli e paletti non vogliono sentire parlare. Dipendesse dal sindaco, Massimiliano Ventura, il raddoppio si farebbe domani. Ma la decisione spetta alla vicina Iglesias, che ha giurisdizione sugli ettari in cui i tedeschi vorrebbero realizzare il progetto.

Ventura attacca: all’indomani del botto mediatico provocato dal servizio del Nyt, il sindaco non ha dubbi: «La Rwm vuole crescere, e noi non abbiamo interesse a metterci di traverso. Con l’ampliamento dell’impianto ci sarebbe un aumento dei posti di lavoro. A me non piace la guerra, ma ho anche il dovere di combattere la disoccupazione, che dalle nostre parti ha un tasso altissimo».

Al sindaco replica Michele Piras, deputato sardo ex Sel ora schierato con Liberi e Uguali: «Si apra il dibattito sulle bombe prodotte in Sardegna: sul fatto che l’Arabia saudita le usa per massacrare lo Yemen con il quale è in guerra e sul fatto che ciò avviene eludendo le norme nazionali in materia di esportazione di armamenti».