Ai tempi delle multinazionali dell’agroindustria, delle monoculture e dei monopoli, delle sofisticazioni, dell’uso massiccio di pesticidi, dell’ultra packaging e dei tragitti transoceanici, sostenere la possibilità di una alimentazione sostenibile contemporaneamente per l’uomo e il pianeta può sembrare utopistico.
Tuttavia non si tratta di uno scenario irrealizzabile, nel momento in cui concorrano etica personale, responsabilità politica, progresso scientifico-tecnologico, processi educativi, informazione corretta ed apertura verso il nuovo. Elena Dogliotti e Chiara Matilde Ferrari, sono biologhe nutrizioniste specializzate in scienze dell’alimentazione, supervisore scientifiche per Fondazione Umberto Veronesi e si occupano rispettivamente dell’impatto delle scelte alimentari sulla salute dell’uomo e dell’ambiente, linee di ricerca accomunate da molti aspetti e che vanno di pari passo.
INNANZITUTTO, SECONDO ENTRAMBE quando si parla di alimentazione sostenibile, nella valutazione di uno specifico alimento bisogna uscire dal paradigma del male e del bene. «In relazione alla salute alcuni cibi sono additati addirittura come velenosi e da bandire dalla tavola – spiega Chiara Dogliotti – oppure altri sono considerati dei superfood che proteggono da tutti i mali; a volte sono alimenti che sono stati studiati e su cui ci sono le basi scientifiche per determinate affermazioni, ma in alcuni casi si va un po’ alla deriva; per esempio si è diffusa l’idea che il latte e la soia aumentino il rischio di tumori quando invece la scienza ha dimostrato che non è così, oppure che il glutine sia un nemico per tutti quando invece lo è solo per celiaci e persone sensibili, mentre in un’alimentazione varia è un complesso proteico che non ha nessuna azione nociva, anzi».
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LO STESSO VALE PER L’IMPATTO ambientale: «L’allevamento intensivo – dice Chiara Ferrari – è considerato sempre e solo il male mentre quello estensivo sempre e solo il bene, ma se prendiamo in considerazione l’aspetto del consumo di suolo, ovviamente nel secondo caso è molto maggiore».
Un alimento spesso considerato il male assoluto è lo zucchero, ma in realtà la sua completa assenza non è necessariamente il bene assoluto, in quanto funziona anche da conservante, per esempio nella frutta delle conserve; se eliminato, può venire sostituito da dei conservanti artificiali. Per questo motivo – continua Chiara Ferrari – è fondamentale non fermarsi alle indicazioni di facciata, come «bio», o «senza» qualcosa, e vedere quello che c’è, considerando anche che non tutte le sostanze di sintesi chimica sono nocive, per la salute dell’ambiente e dell’uomo. Semmai un segnale da tenere in considerazione è la lunghezza dell’etichetta: più un cibo è lavorato, meno sarà salutare.
LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE è un campo complesso, la valutazione di un cibo può essere fatta su parametri diversi e con metodi diversi. Dopodichè, c’è un altro punto su cui l’obiettivo sostenibilità per il pianeta e per l’uomo convergono: la necessità di ridurre il consumo di carne.
Dopo centinaia e centinaia di studi, anni di linee guida continuamente riviste e aggiornate – afferma Elena Durigotti – ad oggi quello che emerge senza nessun dubbio è che la dieta più salutare è quella che ha alla sua base la maggioranza degli alimenti vegetali, quelli dove prevalgono determinati nutrienti come i carboidrati semplici, le fibre, vitamine e sali minerali a sufficienza, grassi buoni e bilanciati, mentre deve essere poverissima di quegli elementi che più sono associati a componenti di rischio per la salute: l’alcool e le carni conservate. «Ovviamente – specifica – quello che conta è la totalità della dieta, ma ciò che è inequivocabile è che queste caratteristiche risultano le migliori per la salute e anche per l’ambiente».
UN CIBO SOSTENIBILE sotto l’aspetto ambientale – aggiunge Chiara Matilde Ferrari – è un cibo che viene prodotto consumando meno risorse e cercando di tutelare la biodiversità e gli habitat, e anche per quest’aspetto l’alimentazione vegetale è la migliore. I legumi in particolare sono quelli che radunano il maggior numero di virtù; se si va a guardare le emissioni di CO2 equivalente, risulta che per 1 kg di legumi se ne producono 1,5 tonnellate, mentre per 1 kg di carne bovina la CO2 equivalente emessa arriva a 100 tonnellate.
Una differenza notevole. La carne è altamente problematica anche per un altro aspetto ambientale fondamentale, il consumo di suolo: siamo una popolazione che ne consuma ancora tanta e questo significa utilizzo di suolo per gli allevamenti e per la produzione di mangime. «Per la produzione di un kg di carne bovina si stima che vengono utilizzati 326 m q di terreno». Quanto terreno serva per produrre un kg di legumi ce lo possiamo immaginare.
I LEGUMI INOLTRE sono sostenibili anche dal punto di vista economico, sia quelli secchi che quelli conservati in acqua e sale: questo aiuta a sfatare il mito dell’alimentazione sostenibile come inaccessibile dal punto di vista economico. Ovviamente non ci si può nutrire di soli legumi ed è vero che alcuni alimenti vegetali possono avere dei costi elevati, ma secondo Chiara Matilde Ferrari è possibile per tutti arrivare a un buon compromesso. «Quello che suggerisco sempre è di cercare di partire da quello che si è disposti a fare ed evitare i grandi cambiamenti improvvisi, magari scelti sull’onda dell’emotività. È meglio essere graduali ed essere seguiti, altrimenti si rischia di alimentarsi in maniera scorretta o di rinunciare presto perché troppo difficile».
ALTRO ASPETTO SU CUI LE due nutrizioniste concordano pienamente, è sulla necessità di fidarsi delle alternative all’alimentazione tradizionale che ci sono messe a disposizione dalla tecnologia e da altre culture, e che hanno creato molta discussione e polemica: è assodato che farine da insetti e carne coltivata, ci piaccia o no, contribuiranno positivamente al futuro nostro e del pianeta.