L’Italia è sempre più tropicale nel clima e nei consumi di frutta. Il cocco è uno dei frutti tropicali più antichi ed è stato uno dei primi frutti esotici ad arrivare in Italia. La straordinaria capacità del frutto di conservare le sue caratteristiche per 4-5 mesi, gli consentivano di sopportare i lunghi viaggi via mare.

IMPORTATO IN MISURA CRESCENTE a partire dal secondo dopoguerra, è diventato il simbolo dell’estate. Venduto sulle spiagge italiane da decenni con l’irresistibile richiamo di «Cocco bello, cocco fresco», continua ad essere il frutto esotico più amato nelle torride estati e quello che più di ogni altro evoca atmosfere tropicali. Negli ultimi anni altri tipi di frutta tropicale si sono affermati (banane, ananas, avocado, mango, papaya), ma il rapporto col cocco e la sua polpa bianca non si è mai interrotto.

NON È FACILE APRIRE una noce di cocco. L’endocarpo legnoso protegge la preziosa polpa bianca e può scoraggiarci dall’acquisto del frutto intero. Bisogna riconoscere ai venditori di cocco il merito di aver favorito un approccio più semplice col frutto, anche se una serie di misure tendono a scoraggiare sempre di più la loro presenza sulle spiagge. Sono stati i marinai dell’esploratore portoghese Vasco de Gama a denominare «coco», testa, il frutto esotico antropomorfo avvistato per la prima volta. La pianta, Cocus nucifera, appartiene alla famiglia delle palme e i frutti sono le noci di cocco, drupe ovali e voluminose al cui interno si trova la polpa bianca e l’acqua. La specie comprende una ottantina di varietà tra palme alte e basse. Gli alberi più alti possono raggiungere i 30 metri, con frutti di grandi dimensioni.

ORIGINARIA DELL’INDONESIA, la pianta ha una storia millenaria ed è il simbolo delle isole del Pacifico, guadagnandosi l’appellativo di «albero della vita», perché fornisce una grande varietà di prodotti indispensabili per vivere: frutti, acqua, olio, farina, latte, legname, foglie. La palma da cocco è ormai presente in tutte le zone tropicali ed è in grado di resistere in ambienti dove non crescono altre piante, sopportando terreni sabbiosi con elevata salinità e venti salmastri. Una palma può vivere anche 100 anni e nel periodo di massima attività (tra i 10 e i 20 anni) può produrre fino a 150 noci in un anno.

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IL COCCO HA VIAGGIATO attraverso gli oceani, trasportato dalle correnti marine e dalle navi su cui veniva imbarcato in grandi quantità come riserva di acqua e cibo nei lunghi viaggi via mare. Attraverso le migrazioni del cocco si può ricostruire la storia coloniale degli ultimi tre secoli in Asia, Africa, America latina. La pianta si è affermata in tutte le isole del Pacifico, Africa orientale e occidentale, Caraibi, America latina, nelle aree in cui la temperatura media annua è di 27-28 °C, la piovosità è di almeno 1500 mm di pioggia all’anno e l’umidità relativa dell’80-90% per tutto l’anno. Coltivata in 93 paesi, la pianta da cocco si estende su una superficie di 12,5 milioni di ettari, per una produzione annua di circa 70 miliardi di noci di cocco, pari a 70 milioni di tonnellate.

IL COCCO RAPPRESENTA UNA FONTE di reddito per centinaia di migliaia di piccoli agricoltori. In molti casi la raccolta è fatta a mano, con i lavoratori che si arrampicano sugli alberi per raccogliere le noci. La Cocus nucifera si colloca al sesto posto tra le coltivazioni nel mondo. Sono Indonesia, Filippine e India i principali produttori mondiali di cocco, con una quota pari all’80% della produzione globale. La particolare struttura e composizione del cocco ne fanno un frutto dai molteplici utilizzi, soprattutto in campo alimentare. L’acqua di cocco, contenuta nella noce verde, viene usata da sempre nei paesi tropicali per le sue proprietà idratanti e benefiche. Le multinazionali delle bevande stanno lanciando sul mercato numerosi prodotti a base di acqua di cocco. La polpa può essere consumata fresca o essiccata per ottenere olio, farina, latte di cocco. L’olio di cocco viene impiegato nell’industria alimentare e per lungo tempo è stato il grasso di origine vegetale più commercializzato a livello mondiale.

L’INDUSTRIA COSMETICA USA L’OLIO di cocco per le sue proprietà idratanti e lenitive nella preparazione di saponi e creme. Il cocco non viene utilizzato solo per usi alimentari. Le fibre presenti nella parte esterna del frutto sono impiegate per la produzione tappeti, corde, spazzole, canestri, ciotole. La pianta fornisce anche un legno pregiato che viene utilizzato per produrre mobili, oggetti decorativi e nella costruzione di case rurali, utilizzando le grandi foglie dell’albero come copertura dei tetti.

ANCHE LE NOCI DI COCCO RISENTONO dei cambiamenti climatici e delle tensioni internazionali. Le scarse piogge che hanno interessato vaste aree del sud-est asiatico nel 2023 e nei primi mesi del 2024 hanno causato un forte calo della produzione. La crisi che sta interessando il Canale di Suez per i conflitti in Medio Oriente allunga i tempi di navigazione anche per la noce di cocco e fa aumentare i costi. Sta di fatto che quest’anno il cocco è meno presente sia nella grande che nella piccola distribuzione e i prezzi più alti del 30-40% rispetto a un anno fa.

TUTTO IL COMPARTO DELLA FRUTTA TROPICALE è in una fase di rapida trasformazione, come conseguenza dei cambiamenti climatici e delle nuove abitudini alimentari degli italiani. Una ricerca di mercato condotta dall’Ipsos, presentata a maggio, mette in evidenza l’accresciuto interesse per la frutta tropicale. Il km zero non sembra guidare le scelte dei consumatori italiani. In una fase in cui i consumi di ortofrutta diminuiscono, la frutta tropicale registra un aumento del 4,5%. Le banane rimangono il frutto tropicale più consumato, al punto da non essere più percepite come frutto esotico, ma avanzano avocado e mango che detengono il 68% del mercato della frutta tropicale.

SECONDO ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo), i volumi di frutta tropicale venduti in Italia sono aumentati dal 2017 del 30%, guidati da avocado e mango. Negli ultimi 5 anni le importazioni di avocado sono cresciute del 120%, più che raddoppiate, mentre per il mango la crescita, nello stesso periodo, e stata del 37%. I consumi del solo avocado hanno raggiunto in Italia le 45 mila tonnellate annue. Sta mutando anche la geografia delle produzioni agricole a causa della tropicalizzazione del clima.

LE COLTIVAZIONI DI FRUTTA ESOTICA nelle regioni del sud Italia sono la testimonianza più evidente. Sono oltre mille gli ettari coltivati in Sicilia, Calabria e Puglia, per una produzione di circa 2 mila tonnellate all’anno. Sono quantità che non riescono a coprire l’aumento della domanda per questo tipologia di frutta, ma le coltivazioni di avocado, mango e papaya sono destinate a crescere a ritmo sostenuto, cambiando il paesaggio agrario italiano.