Gli ispettori al tribunale di Genova per verificare se si può aprire un procedimento disciplinare contro i giudici che tengono il governatore Giovanni Toti ai domiciliari da due mesi. La richiesta – spropositata – proviene da due consigliere laiche di destra del Csm: Claudia Eccher (espressione della Lega) e Isabella Bertolini (Fratelli d’Italia) guidano l’ennesimo assalto del governo alle toghe, buttando definitivamente in politica l’inchiesta sulla corruzione e il voto di scambio in Liguria. «Non si tratta di censurare l’attività giurisdizionale dei magistrati, ma di valutarne il comportamento in relazione ai richiami etici e alle considerazioni ironiche, che scadono nell’irrisione dell’indagato, contenuti nell’ordinanza», sostengono Eccher e Bertolini, commentando le parole del tribunale del Riesame di Genova, che respinto l’istanza per la liberazione di Toti sostenendo, in sostanza, che non abbia capito le accuse e che, di conseguenza, potrebbe reiterare i reati percui è finito nei guai. La questione si basa sul fatto che, al momento, la difesa del governatore consiste nell’affermare che ricevere soldi e regali da imprenditori non sia corruzione ma un modo di fare politica. Un pasticcio in cui se da un lato la lunga detenzione preventiva destra qualche perplessità, dall’altro non si può non sottolineare la spregiudicatezza con cui l’indagato ha deciso di affrontare la questione.

Il braccio di ferro è pressoché totale e si gioca tutto sulle dimissioni (o non dimissioni) di Toti, che un po’ resiste a oltranza e un po’ si dice «stanco» della situazione, forse anche per convincere le forze del centrodestra a sostenerlo con forza sempre maggiore. Ecco, in questo contesto, la pretesa di Eccher e Bertolini di fare lo scalpo ai giudici genovesi suona particolarmente eloquente e alza di un bel po’ il livello dello scontro tra politica e magistratura. Infatti la replica del presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia è di quelle dure: «Ritengo preoccupante che, in esito ad una pronuncia di un tribunale, nel caso di specie il Tribunale del riesame di Genova che ha rigettato la richiesta di revoca degli arresti domiciliari per il presidente della Regione Liguria, due consigliere laiche del Csm insorgano chiedendo al Consiglio l’apertura di una pratica disciplinare nei confronti di quei giudici». E ancora: «Questo non fa che confermare il timore che con la riforma del Csm e l’istituzione dell’alta corte risulterà fortemente indebolita l’autonomia e l’indipendenza di giudici e pubblici ministeri».

Sullo sfondo, dunque, si staglia la riforma di Carlo Nordio, che vorrebbe separare le carriere di magistrati inquirenti e magistrati requirenti, sorteggiare i membri del Csm e, appunto, istituire una corte disciplinare per le toghe. E poi c’è un’altra questione, più sotterranea: sono mesi, ormai, che le correnti della magistratura mostrano sofferenza verso i componenti laici del Csm. Di più, ormai si potrebbe tranquillamente cominciare a parlare di una vera e propria spaccatura all’interno dell’organo di autogoverno tra chi è giudice e chi non lo è. Da notare che non sono soltanto i gruppi della sinistra (Magistratura democratica e Area democratica per la giustizia) a fare polemica, ma anche i centristi di Unicost e, da non moltissimo, persino la destra di Magistratura indipendente.

Un problema c’è, dunque, ma non bisogna dimenticare che, con il congresso andato in scena a maggio a Palermo, è cominciata la lunga maratona per il rinnovo del comitato direttivo dell’Anm: il mandato di Santalucia è in scadenza e bisognerà trovare il suo successore. Così tutte le correnti sono impegnate a cercare di attrarre consensi tra i magistrati. E questo Csm è il terreno di scontro ideale.