Deregolamentazione, delocalizzazione, liberalizzazioni appartengono al passato. L’economia e la finanza speculativa, la velocità dei mezzi di comunicazione, il carattere geopolitico dell’energia ci hanno fatto credere di unire il mondo, in realtà hanno solo prodotto un mercato globale che nella sua crescita senza limiti ha avuto effetti negativi sulle relazioni innate dell’uomo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: ecosistemi distrutti, diseguaglianze in aumento, democrazia in pericolo.

L’uomo schizoide del XXI secolo ha dovuto sperimentare crisi finanziarie, pandemie globali, gli effetti del cambiamento climatico, le guerre ormai tra continenti, per convincersi che globalizzazione e postmodernità, imponendo sostanzialmente una mancanza di visione sistemica della realtà, hanno alimentato incertezza e paura. Ed hanno evidenziato la necessità urgente di recuperare questa visione perduta con un ripensamento radicale del modello di sviluppo e del ruolo dell’uomo nella società. Come riproporre quella visione unitaria e quale modello di sviluppo pensare per il nostro futuro? Il tema dell’energia può fornire una risposta, visto che il modello esistente è causa diretta di queste crisi, un modello che ha negato aspetti fondamentali ed irrinunciabili della vita dell’uomo come affidabilità, indipendenza e quindi libertà.

La civiltà industriale, dopo indiscussi benefici iniziali, ci ha progressivamente allontanato dalla comprensione dei fenomeni, addirittura escludendoci da ogni decisione riguardante la nostra vita, e nel contempo ci ha fatto dimenticare il valore della natura e dei suoi cicli naturali, ma anche dei rapporti sociali ed etici. Un uomo sempre più solo, incapace di una azione proattiva ed indisponibile ad accettare cambiamenti nei suoi comportamenti.

Il tema dell’energia può fornire una occasione di cambiamento perché i meccanismi dell’energia sono collegati alla responsabilità dell’individuo nella società. Il cambiamento deve prevedere la necessità di maggiore consapevolezza sociale visto che molto del suo stato attuale è influenzato da una perdita di equità sociale che è anche degrado ambientale. Una modifica che per essere efficace dovrà essere basata su condivisione, collaborazione, senso di comunità, diretta conseguenza di una partecipazione attiva dell’individuo anche nel processo energetico. Con l’avvento delle fonti rinnovabili e delle comunità energetiche questo cambiamento risponde a canoni certi; nel nuovo modello l’abbondanza rende inapplicabile la proprietà privata per i bisogni primari dell’uomo e la rete elimina e sostituisce l’intermediazione nella catena del valore, e le relazioni è tra individui e non con entità astratte e lontane.

Il concetto stesso di comunità dell’energia è incentrato sulla responsabilità di ogni suo membro nei confronti degli altri. Infatti, con una metodologia attiva e partecipativa che prevede la co-progettazione fra ente locale, cittadini e territorio, è possibile costruire un processo ambientale, sociale ed educativo che parte dal singolo individuo, chiamandolo ad azioni dirette e condivise. La realizzazione di comunità energetiche permette di raggiungere, attraverso una indipendenza energetica data anche dall’autoproduzione oltre che dall’uso (individuo come prosumer), un processo che ha al centro la necessità di ricostruire legami sociali più solidali. È questa indipendenza data ad ogni individuo che permetterà l’abbattimento della spesa energetica ai membri di gruppi consorziati o di cooperative sociali e una lotta concreta alla povertà energetica.

Inoltre, l’ambito territoriale di riferimento riguarda direttamente programmi di coesione sociale, nelle zone suburbane delle città, nelle attività agricole e in quelle delle PMI, perché le comunità dell’energia, all’interno di un programma strutturato ed articolato, possono diventare il punto di riferimento di obiettivi comuni, partecipati, collaborativi.

La soluzione economica «di rete» imporrà il suo modello funzionale nelle scelte tecnologiche ma anche nella politica amministrativa: a una decentralizzazione della produzione e della distribuzione energetica non potrà che affiancarsi una decentralizzazione amministrativa che non sia però articolata su sottosistemi isolati, bensì sappia disseminare una connessione sociale ben oltre i confini di identità socio-culturali, in un’ottica di profitto a lungo termine e non fine a se stesso. Un profitto in termini sociali ed ambientali ESG permetterà di ripensare lo sviluppo non in termini di decrescita ma in linea con il Green Deal.

La democrazia dell’energia è di fatto conseguenza della applicazione dei due pilastri che sorreggono la costruzione del nuovo modello: le comunità dell’energia e l’uso delle fonti rinnovabili dell’energia che, insieme all’efficienza energetica, risultano in grado di sovvertire la nostra vita economica. I benefici riguarderanno la fine del profitto aggregato, quello provocato dall’allungamento surrettizio della filiera produttiva dove l’anello iniziale del produttore e quello finale del consumatore vengono profondamente penalizzati a vantaggio delle figure di intermediazione. Con le comunità dell’energia l’anello inziale e quello finale sono condensati in un’unica figura, il prosumer appunto.

Le comunità energetiche rinnovabili sono commons collaborativi che permettono una integrazione delle azioni impostate verso una crescente consapevolezza dell’individuo: la digitalizzazione dell’energia sempre più capillare fino a raggiungere la singola persona, ma con dati open access, la flessibilità dell’offerta e della domanda di energia da proporsi in forma aggregata, condividendo profili di utenza intelligenti, la decentralizzazione dei sistemi energetici. Tutto questo per una energia autoprodotta, accumulata e utilizzata senza discriminazioni, quindi come espressione di libertà ed equità.

* Prorettore alla Sostenibilità, Sapienza Università di Roma