Negli ultimi tempi alcuni dei maggiori media brasiliani hanno dato ampia visibilità a quella che è stata classificata come la crisi umanitaria del popolo yanomami. Abitanti dello stato di Roraima, una regione amazzonica localizzata alla frontiera tra il Brasile e il Venezuela, storicamente sono stati un popolo che ha avuto una discreta visibilità, in particolar internazionale, grazie alla circolazione delle idee del pensatore Davi Kopenawa. Sono stati molto presenti anche di fronte a lenti fotografiche.

La recente esposizione della fotografa Claudia Andujar, eternizza la lotta di questo popolo ma anche il suo genocidio, con immagini che iniziano a essere prodotte negli anni Settanta, in piena dittatura militare. 

Le proprie fotografie di Andujar provocano smarrimento se comparate a quelle che oggi sono vincolate dai media, dove sono mostrati, in molti casi con una attitudine sensazionalista e irrispettosa, corpi estremamente denutriti e malati. La serie Marcados, realizzata dalla fotografa all’inizio degli anni 80, è composta di ritratti di yanomami con un numero di contrassegno. Le fotografie erano un semplice modo per documentare chi era stato vaccinato, considerata la difficoltà nell’identificare un nome.

Tuttavia la complicità tra la fotografa e gli yanomami ha permesso la produzione di immagini particolarmente poetiche, ricche di sguardi fieri e di sorrisi, brutalmente assenti nella copertura mediatica di questi giorni. 

Il nuovo governo ha decretato lo stato di calamità, in seguito alla divulgazione degli effetti della malnutrizione e della contaminazione, che hanno provocato la morte di almeno 570 bambini, secondo i dati del Ministero della Salute. Una strage annunciata, conseguenza delle politiche del governo Bolsonaro, che hanno stimolato e permesso l’espansione delle pratiche illegali di estrazione mineraria, che causa inesorabilmente la deforestazione e la contaminazione delle aree che per popoli indigeni come gli yanomami sono riserve alimentari che andrebbero preservate. 

Una retórica che continua a essere sostenuta per molti segmenti della popolazione, che si riflettono nelle parole del governatore dello stato di Roraima che ha dichiarato ieri (dichiarazione del 30 gennaio) che rivendica la necessità di una supposta “integrazione” degli indigeni. In particolare quando questi vivono parzialmente isolati, in aree ricche di materie prime, vige l’imperativo che loro dovrebbero “acculturarsi”, diventando così parte del disastroso progetto civilizzatore occidentale.

Commentando la situazione, Claudia Andujar ha dichiarato che per gli Yanomami tutto ció non é cominciato da un giorno all’altro ma anche sottolineando una speranza di miglioramento, supportata dalla presenza di Sônia Guajajara, leader del popolo Guajajaras attualmente al comando del Ministero dei Popoli Indigeni.

Il cammino resta tortuoso, per le difficoltá politiche e economiche di un possibile progetto che si opponga alla distruzione e alla disumanizzazione. Tuttavia, l’esposizione di questa congiuntura, e il supporto che ha avuto da molti media brasiliani per i quali lo sviluppo economico e sempre il principale imperativo, puó essere letta come un segnale di una ascendente attenzione a tematiche ambientaliste, e al fondamentale ruolo dei popoli indigeni nelle pratiche di preservazione dell’Amazzonia.