Come recitava una scritta sui muri di Bologna nel 1977, l’apocalisse può anche arrivare poco a poco. Per la democrazia americana, la morte di Ruth Bader Ginsburg a soli 45 giorni dalle elezioni presidenziali è una tragedia e, nello stesso tempo, il segnale che il processo entra nella sua fase finale. La rivelazione se il fascismo americano consoliderà il suo potere arriverà nella notte fra il 3 e il 4 novembre, quando Donald Trump pretenderà di aver vinto le elezioni se i primi risultati parziali gli saranno favorevoli, oppure strilllerà che è in corso una gigantesca frode elettorale, se dalle urne sembrerà uscire una maggioranza per il candidato democratico Joe Biden.

Si tratta di una strategia del presidente uscente messa a punto da mesi: grazie al meccanismo del collegio elettorale negli Stati Uniti si può arrivare alla presidenza pur raccogliendo 3 milioni di voti meno dell’avversario: è già avvenuto nel 2016. Come si fa a vincere le elezioni pur essendo minoranza? Per esempio impedendo agli elettori di Biden di votare con vari pretesti e facendo convalidare le regolamentazioni restrittive del voto da giudici amici (Trump ne ha nominati 200 da quando è entrato in carica). Per esempio, in Florida, un referendum aveva restituito i diritti civili agli ex carcerati ma il parlamento dello Stato, a maggioranza repubblicana, ha stabilito che solo chi ha anche indennizzato le famiglie delle vittime del crimine può effettivamente votare: un trucco da legulei per aggirare la volontà popolare ed escludere dal voto oltre un milione di persone, in gran parte afroamericani e ispanici. La maggioranza della Corte suprema ha convalidato la legge.

In molti stati sono state soppresse numerose sezioni elettorali (già poche rispetto alle necessità) con lo scopo di provocare lunghe code ai seggi: non proprio un incentivo a fare il proprio dovere civico in tempi di epidemia. Questi attacchi al diritto di voto si sono accompagnati al martellamento ossessivo di propaganda contro il voto per posta, falsamente accusato di essere uno strumento di brogli. La fretta di Trump e del leader repubblicano in Senato Mitch McConnell di nominare e insediare un nuovo giudice al posto della Ginsburg dipende dalla volontà di creare nella Corte suprema una maggioranza che ratifichi qualsiasi cosa.

Quest’anno tutto ruota attorno al voto per posta, che sarà lo strumento preferito degli americani negli stati che lo autorizzano: si calcola che almeno 80 milioni di elettori dovrebbero ricorrervi.

Non è detto, però, che questi 80 milioni di schede siano effettivamente contate: devono arrivare in tempo, le firme devono corrispondere, il timbro postale dev’essere valido, cioè non oltre il 3 novembre.

Ma una cartolina spedita il 3 novembre potrebbe benissimo arrivare il 6, o il 10, o il 15 novembre, il che rende certo che la notte delle elezioni decine di milioni di voti non saranno ancora arrivati, men che meno scrutinati.

[do action=”citazione”]Il che creerà migliaia di battaglie legali che dovranno essere risolte dai giudici.[/do]

In caso di risultati elettorali contestati, alla fine, sono i tribunali federali e la Corte suprema a decidere chi siederà alla Casa Bianca, come già avvenne nel 2000, quando la Corte impedì un riconteggio dei voti della Florida che avrebbe avvantaggiato il candidato democratico Al Gore, consegnando le chiavi della Casa Bianca a George Bush. Un’anticipazione di ciò che è diventato ancora più probabile quest’anno, con Donald Trump che ha già dichiarato più volte che non necessariamente accetterà l’esito delle elezioni.

[do action=”citazione”]Se Trump e McConnell riuscissero a nominare un altro giudice di assoluta fedeltà i repubblicani non solo potrebbero rieleggere alla presidenza il dittatorello con il toupet arancione ma blinderebbero una maggioranza della Corte 6 a 3 per i prossimi decenni.[/do]

Ieri Trump ha già annunciato che nominerà al più presto un nuovo giudice e, di certo, nei suoi cassetti ci sono lunghe liste di aspiranti: la malattia della Ginsburg era nota da anni. Resta da vedere se i 45 giorni che mancano alle elezioni saranno sufficienti per l’approvazione da parte del Senato, dove i repubblicani hanno una maggioranza di 53 seggi contro 47. Le speranze dei democratici si concentrano su tre senatori repubblicani incerti: Mitt Romney, Lisa Murkowski e Susan Collins. Se il primo è fortemente ostile a Trump, le altre due mugugnano ma alla fine obbediscono, quindi è perfettamente possibile che un sesto giudice conservatore entri in carica entro il 3 novembre, o nei giorni immediatamente successivi (il Senato rimane in carica fino al 31 dicembre).