La morte di Yvan Colonna, sopraggiunta lunedì in un ospedale di Marsiglia a causa dell’aggressione subita il 2 marzo nel carcere di Arles, rischia di riaccendere la Corsica. L’indipendentista 61enne, condannato all’ergastolo per l’omicidio del prefetto Érignac nel 1998, era infatti estremamente popolare nell’isola. Il pestaggio ad opera di un altro detenuto era durato ben otto minuti; nonostante le telecamere e la comune condizione di reclusi sottoposti a una sorveglianza speciale, le guardie carcerarie erano intervenute troppo tardi, allertate dallo stesso aggressore.

LE CIRCOSTANZE dell’aggressione hanno generato un’ondata di rabbia non solo tra i nazionalisti, mobilitando anche realtà di sinistra, ecologiste e giovanili. Il 4 marzo marittimi e portuali, rispondendo all’appello del Sindicatu di i Travagliadori Corsi, hanno impedito lo sbarco da un traghetto di un reparto speciale di polizia inviato ad Ajaccio, costringendolo a tornare a Tolone. «È una mobilitazione intergenerazionale che non si limita al nazionalismo. Anche il sindacato comunista Cgt, tradizionalmente ostile al nazionalismo, ha invitato gli iscritti a manifestare davanti alla prefettura. Molti corsi hanno provato un forte sentimento di ingiustizia e indignazione» sottolinea Andria Fazi, politologo dell’Università Pasquale Paoli di Corti.

 

DECINE DI MIGLIAIA di persone sono scese in piazza in tutta l’isola (350 mila abitanti in tutto) al grido di Statu Francese assassinu. «Questo può essere compreso solo alla luce di sei anni di aspettative deluse e frustrazioni. Da quando i nazionalisti sono andati al potere nel dicembre 2015, lo Stato non ha mai preso seriamente in considerazione le loro richieste, spesso ispirate allo status dei territori francesi d’oltremare. Peggio, è stato spesso sprezzante, come quando i rappresentanti eletti nazionalisti sono stati sottoposti a una perquisizione corporale prima di poter assistere al discorso di Macron nel febbraio 2018» spiega ancora Fazi.

Al sospetto che il pestaggio sia stato tollerato dalla direzione del penitenziario si somma lo sconcerto per la sordità delle autorità francesi di fronte alla richiesta di trasferimento di Colonna in un carcere isolano, sempre respinta da Parigi anche se condivisa dall’Assemblea regionale e da decine tra sindaci e deputati.

LE RECENTI MANIFESTAZIONI sono state le più partecipate dagli anni ‘80, e spesso si sono concluse con violenti scontri tra i reparti antisommossa e centinaia di giovani incappucciati intenti ad assaltare sedi istituzionali.

Il 13 marzo, dopo un imponente corteo a Bastia, a centinaia si sono scagliati contro la Prefettura; la polizia ha reagito con idranti, granate stordenti e quantità industriali di lacrimogeni. Il saldo è stato di 102 feriti e decine tra denunciati e arrestati.

Poi, pur continuando le proteste, la disponibilità del governo francese ad aprire una trattativa sulla concessione di una certa autonomia aveva placato gli animi. Le diverse componenti di un movimento pure eterogeneo hanno formato un coordinamento stabile e lanciato una piattaforma comune, che Fazi riassume così: «Una commissione parlamentare d’inchiesta per stabilire la verità sull’aggressione; un’amnistia per i nazionalisti corsi detenuti; una “soluzione politica” per la Corsica, il cui contenuto resta da definire e negoziare».

MA LA MORTE DI COLONNA potrebbe, ora, aumentare la distanza tra l’autonomista Gilles Simeoni, capo del Consiglio Esecutivo e di Femu a Corsica – che dopo il successo alle elezioni del 2021 ha deciso di governare da solo escludendo gli indipendentisti (Core in Fronte e Corsica Libera) – e questi ultimi che lo accusano di essere troppo conciliante con Parigi.

LE TIMIDE APERTURE di Macron alle richieste degli autonomisti – condannate da tutta la destra nazionalista francese che invoca invece “più polizia” – sono state respinte dal Fronte di Liberazione Naziunale Corsu, che minaccia il ritorno alla lotta armata abbandonata nel 2014. Ad alimentare il malcontento nei confronti sia della Francia sia delle autorità locali non solo il fallimento delle trattative aperte dopo l’accesso dei nazionalisti al governo locale, ma anche i problemi economici e sociali. «Dagli anni 2000, il Pil e l’occupazione sono cresciuti significativamente, ma l’economia è dominata da quattro settori – turismo estivo, edilizia, immobiliare e commercio al dettaglio – che creano crescita ma hanno un pesante impatto ambientale e impiegano molto personale precario, poco qualificato e mal pagato» sottolinea Fazi.

Macron, che teme l’esplosione della Corsica in piena campagna per le presidenziali, invita alla calma. Ad Alessandri e Ferrandi, condannati come complici di Colonna, è stato intanto comunicato che ad aprile saranno trasferiti nel carcere corso di Borgo.