Giuseppe Conte prende atto della corsa solitaria cui è destinato il M5S mentre partecipa, da remoto, ad una delle assemblee regionali pre-elettorali. Ieri è toccato all’Emilia Romagna, radunatisi a Bologna, città che definisce «la culla del Movimento 5 Stelle»: dal VaffaDay di piazza Maggiore, nel 2007, che cominciò tutto. Ed è sempre da queste parti che si registrò il primo exploit elettorale del grillismo (il 6% alle elezioni regionali del 2010), dove con la vittoria a Parma il M5S conquistò il suo primo sindaco di capoluogo e dove ci furono le prime epurazioni eccellenti, si sono radunate mille persone. Il leader le ha salutate citando le scissioni e agli abbandoni degli ultimi tempi (e bisogna ricordare che i due consiglieri comunali bolognesi del M5S sono da poco passati ad Articolo 1). «Abbiamo perso compagni di strada attirati da sirene del potere e del sistema – dice Conte – Noi restiamo a testa alta con i nostri valori».

DOPO AVER accarezzato l’idea di una coalizione con Sinistra italiana, dal M5S rivendicano la loro alterità. «Con l’accordo con Si cade anche l’ultimo dubbio – afferma ad esempio il sottosegretario all’interno Carlo Sibilia – Il Pd si accorda con tutti. Ma proprio tutti. Con chi non ha mai votato la fiducia a Draghi. Con chi ha votato contro all’ingresso della Finlandia nella Nato. Con pezzi di Forza Italia. Con la Gelmini. Ci prova pure con Renzi. Con tutti! Tranne che con Giuseppe Conte e il M5S. Perché ? Perché noi saremmo gli unici a costringerli a tenere fede alle promesse». Dunque, dopo un periodo di esitazione, sospesi tra la purezza delle origini anti-casta e il recente passato da forza di governo, i 5 Stelle provano a vendersi come il partito che riesce a ottenere quello che annuncia in campagna elettorale. «I problemi dei Verdi in Italia, guidati dalla Evi, eletta con i nostri voti nel M5S – aggiunge Stefano Buffagni – Hanno supportato con tanto di comizi a Roma Gualtieri che ora spinge sull’inceneritore… Poi parlano di ambiente». «Il Pd si è incartato da solo – scandisce Conte rivolto ai suoi – Ormai ha creato un assembramento in cui si insultano tra loro ogni giorno»

EPPURE, è anche giornata di tensioni interne. L’oggetto del contendere sono le candidature e la composizione della squadra dei parlamentari che darà forma al M5S che verrà, nel corso della prossima legislatura. Convocate le parlamentarie, bisogna decidere fino a che punto il voto degli iscritti sarà determinante e che potere avrà Conte nell’assegnare collegi sicuri e aprire le liste ad indipendenti. Nei giorni scorsi l’avvocato ha assicurato che «ci saranno sorprese» nella composizione delle liste, ma non è ancora chiaro il modo in cui queste aperture alla società civile verranno decise e contemplate dalle regole grilline.

PER DI PIÙ, si è messa di traverso l’esclusa Virginia Raggi, che chiede si mantengano le regole originarie. La sua posizione ha un peso dal punto di vista mediatico, vista la considerazione di cui l’ex sindaca di Roma gode presso parte della base, e conta anche nella sostanza, dal momento che Raggi è uno dei componenti del Comitato dei garanti del Movimento 5 Stelle.

CI SARÀ, INVECE, un’altra ex sindaca illustre come Chiara Appendino, per la quale è stato modificato il regolamento. La sua condanna in primo grado per il disastro di Piazza San Carlo non viene considerata una macchia alla fedina penale perché il reato contestato non è colposo. Con Appendino proverebbero la scalata al parlamento alcuni ex membri della sua giunta, che nelle settimane scorse Conte ha indicato come esempio di amministrazione innovatrice. A nordest dovrebbe correre in un posto sicuro l’ex capodelegazione nel governo Draghi Stefano Patuanelli, che ha svolto solo un mandato da deputato (quello da consigliere comunale nella sua Trieste non viene calcolatoin virtù della regola del «mandato zero»). Conte potrebbe essere schierato al Sud, dove il serbatoio di voti residui pare ancora sostanzioso. Ma questo è uno dei punti oggetto di scontro: devono sottoporsi anche loro alle parlamentarie?