I singoli parlamentari potranno rivolgersi alla Corte costituzionale di fronte a «una sostanziale negazione o un’evidente menomazione» delle loro funzioni costituzionali. Che sono partecipare alle discussioni ed esprimere opinioni e voti, avendo avuto la possibilità di conoscere i testi in discussione. L’importante novità si legge nelle motivazioni dell’ordinanza con le quali la Consulta ha però respinto il ricorso per conflitto di attribuzione sollevato dai senatori del Pd contro l’approvazione, lo scorso dicembre, della legge di bilancio. Avvenuta, si ricorderà, con voto di fiducia su un maxi emendamento di 270 pagine sconosciuto alla commissione bilancio e con soli 70 minuti di tempo per l’esame in aula.

Se la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso è solo perché questa volta – ma ha avvertito che in futuro potrà decidere diversamente – «non emerge un abuso del procedimento tale da determinare violazioni manifeste delle prerogative dei parlamentari». La Consulta ha in qualche modo «giustificato» la procedura brutale perché negli ultimi giorni dell’anno scorso «i lavori sono avvenuti sotto la pressione del tempo dovuta alla lunga interlocuzione con le istituzioni europee». Non solo, la Corte ha fatto notare che se il maxi emendamento non è stato quasi per nulla esaminato in commissione bilancio, è perché il nuovo regolamento del senato prevede che nella fase della fiducia quella commissione deve limitarsi a dare un parere sulle coperture finanziarie. Una notazione importante, tanto più adesso che la camera sembra voler copiare – in ritardo – le novità del regolamento del senato.

Infine le motivazioni diffuse ieri sembrano precludere ai senatori Pd la strada del ricorso sulla inammissibilità degli emendamenti alla riforma costituzionale, appena approvata