Se la Carovana internazionale con i parlamentari di Sel è stata fermata lo scorso martedì al confine turco, sorte migliore ha avuto la nostra «Staffetta sanitaria». Siamo già stati a Kobane lo scorso marzo come osservatori internazionali e primi rappresentanti istituzionali italiani a stringere un «patto d’amicizia» per riconoscere l’autorità kurda del Partito democratico unito (Pyd) in Siria, ma sopratutto per seguire il destino del primo carico di farmaci partito dall’Italia. La colletta di Legambiente Campania, circa 30mila euro di farmaci, spedita a Suruç, è ferma da mesi alla dogana di Adana, mentre si avvicinano le scadenze dei medicinali.

Insieme a Sarkis Malchassian, giovanissimo infermiere, facciamo parte della «Staffetta sanitaria», volontaria e autofinanziata, di «Rojava Calling» (associazione a sostegno del popolo kurdo), e siamo supportati dalla Mezzaluna rossa kurda. Primo scopo di questa staffetta è avviare un intervento a supporto delle strutture mediche di Kobane, provate dai recenti attentati kamikaze dell’Isis.

Nessun cardiologo è presente nelle strutture pubbliche del Cantone, per questo il nostro intervento si concentra sulla formazione del personale delle strutture pubbliche, sulla gestione delle emergenze cardiologiche e delle patologie cardiache croniche. Abbiamo portato a Kobane un modello moderno e avanzato di elettrocardiografo per dar vita al primo ambulatorio pubblico di cardiologia, gratuito per tutte le etnie. Secondo scopo di «Rojava Calling» è promuovere una raccolta di fondi per finanziare questo e i futuri interventi.

Purtroppo la Turchia ancora non permette un corridoio umanitario (né per uomini né per materiali) libero ed efficace attraverso le frontiere presidiate dai militari turchi, la cui apertura non è più rinviabile per poter salvare vite umane, attraverso le stesse frontiere che di fatto sono permeabili all’Isis. Allo stato attuale, i permessi per le missioni sanitarie non sono impossibili, ma ci dicono che dopo gli ultimi attentati kamikaze, all’ospedale di Medici senza frontiere di Kobane, e al vivace centro Amara di Suruç, ci sono enormi difficoltà.

Siamo riusciti ad attraversare la frontiera, sebbene ci abbiano perquisito come dei ladri. I kurdi ci hanno portato subito all’Ospedale militare. Kobane è ancora distrutta, ma almeno rispetto a quando siamo venuti a marzo, parte dei cumuli di macerie è stata rimossa. A Kobane è iniziata, seppure a singhiozzo, la distribuzione di acqua, via rete o autobotte, e di elettricità. La ricostruzione è lenta, ma con il parziale ritorno dei civili la vita ha cominciato a riprendere. Sono state riavviate attività commerciali e artigiane.

La Mezzaluna Rossa kurda è presa d’assalto da mamme e bambini in fila per le vaccinazioni. L’Ospedale civile (Nexes Xanya Hemel), presenta ancora segni della guerra. Conta due sale operatorie con dotazione funzionante per l’anestesia e l’assistenza meccanica, un laboratorio di analisi di base, un ambulatorio per la radiologia standard, una stanza per il pronto soccorso e una per la terapia intensiva d’emergenza. Le barelle non sono sufficienti, quindi, di solito, i pazienti sono trasportati a braccia. Coordina tutto Yasser, esperto di management sanitario, cui il Cantone di Kobane ha permesso di riparare a sue spese l’ospedale.

L’Ospedale civile si autofinanzia, cosicché i cittadini contribuiscono alle spese sanitarie pagando secondo le loro possibilità. La farmacia dell’ospedale è poco fornita, sebbene siano frequenti gli accessi di bambini poli-traumatizzati a causa di esplosioni di residui bellici. L’Ospedale militare non è altro che l’ala posteriore dell’edificio dell’Ospedale civile.

L’obiettivo è di tentare di normalizzare un’organizzazione sanitaria, che al momento vede prioritario il supporto gratuito alle forze di difesa popolari (Ypg\Ypj). Abbiamo consegnato l’elettrocardiografo che abbiamo portato dall’Italia, circa venti kg tra farmaci, presidi per l’emergenza, sfigmomanometri, fonendoscopi e glucometri. Abbiamo raccolto notizie su ciò di cui hanno bisogno alla Mezzaluna rossa kurda: dalle ambulanze alle attrezzature per la rianimazione fino alle tavole operatorie. Nei giorni a Kobane ci siamo occupati della formazione di medici e infermieri per l’uso dell’elettrocardiografo nonostante l’erogazione discontinua della corrente elettrica.
*medico e sindaco del Comune di Santomenna (Sa)