Un fallimento politico, prima ancora che militare. Kherson, città dell’Ucraina meridionale, occupata dai russi fin dai primi giorni dell’invasione, si sta rivelando una debacle per Vladimir Putin. Città strategica per collegare il Donbass alla Crimea, Kherson la filo-russa si è sollevata di continuo per protestare contro l’occupante.

«Siamo scesi in piazza tutti i giorni – racconta da Kherson Aleksander Danilov, attivista e avvocato per la Ukrainian Helsinki Human Rights Union – Tra di noi anche tante persone che negli anni passati hanno sostenuto i partiti filorussi. Sulle prime gli invasori non hanno reagito, poi quando hanno visto che non riuscivano a mantenere il controllo hanno cambiato passo».

SPARI SULLA FOLLA, pestaggi, minacce, perquisizioni, a volte sequestri e torture. È lungo il catalogo degli orrori snocciolato con fredda precisione da Aleksander. Nel mirino non solo manifestanti, ma anche funzionari, giornalisti, sacerdoti, attivisti.

Tra i casi più noti, anche quello di Dmytro Afanasyev, deputato del Consiglio distrettuale delle navi e capo della fazione Solidarietà europea, rapito a Kherson a fine marzo, dopo che la polizia russa aveva disperso una manifestazione filo-ucraina. Afanasyev è stato picchiato con sua moglie, la casa perquisita, poi il sequestro.

Il pugno duro però non è servito a fiaccare gli animi. Le proteste hanno continuato a tenersi, seppur più sporadicamente. Un’ostilità tale da costringere i russi a rimandare, forse per sempre, l’organizzazione di un referendum che avrebbe dovuto concludersi con la proclamazione della Repubblica popolare di Kherson, seguendo il copione recitato in Donbass con le repubbliche secessioniste di Donetsk e Luhansk.

UN REFERENDUM fissato mercoledì scorso, poi slittato ai primi di maggio. «Ci hanno provato diverse volte, invano. Per questo hanno preso con la forza l’amministrazione della città», spiega ancora Aleksandar. Martedì scorso la sede del municipio di Kherson è stata occupata e il sindaco, Ihor Kolykhaiev, rimpiazzato dal suo autista, Oleksandr Kobets, ex funzionario dei servizi di sicurezza sovietici del Kgb, poi passato all’Sbu ucraino.

Un fantoccio insieme a Volodymyr Saldo, per dieci anni ex primo cittadino di Kherson, posto ora a capo dell’Oblast. «L’idea del referendum è fallita», concorda perentorio padre Anastasij, riuscito a scappare a Lviv da Kherson solo due giorni fa. Una fuga «in condizioni terribili», all’alba, quando, racconta, «si hanno più chance di attraversare i territori occupati».

Padre Anastasij, come tanti sacerdoti della Chiesa ortodossa d’Ucraina, era in pericolo di vita. «Gli invasori – racconta – erano estremamente irritati dalla nostra presenza. Nelle prime settimane ci hanno intimato di stare in silenzio e di non aiutare la resistenza ucraina. Tutto inutile. Conosco sacerdoti che con coraggio hanno portato aiuti ai nostri soldati». A far scattare la molla della fuga, però, è stato un altro motivo. «Ho capito che avrei vissuto nel mio paese privo di qualsiasi libertà e di qualsiasi diritto», dice quasi con stupore, come se la realtà avesse superato di gran lunga la fantasia.

ANASTASIJ va indietro con la mente ai primi giorni dell’occupazione «spaventosi. Sentivamo delle esplosioni, i russi avevano bombardato l’aeroporto della città. Nessuno sapeva cosa aspettarsi. Alla fine del mese Kherson era irriconoscibile». La svolta, secondo padre Anastasij, si è avuta solo a fine marzo quando l’esercito ha compreso di non avere il controllo del territorio e ha iniziato a soffrire perdite significative nei combattimenti per Mykolayiv.

«I russi non potevano permettersi di lasciare Kherson incustodita, in balia delle proteste. È stato allora che è arrivato il peggio». Razzie, espropri, violenze. Kherson, spiega padre Anastasij, «è una città strategica, fondamentale per il Cremlino. Il fatto che non stiano riuscendo a organizzare il referendum è significativo, se si pensa che qui i filorussi erano la maggioranza».

Ora si passa alla fase due dell’occupazione, la russificazione di Kherson. Per primo, la moneta. Da oggi, secondo quanto riferito nei giorni scorsi dal vice presidente dell’amministrazione militare e civile della regione, Kirill Stremousov, verrà gradualmente introdotto il rublo nell’Oblast per sostituire la grivnia ucraina.

UN PASSAGGIO  che richiederà quattro mesi di tempo in cui saranno in circolazione entrambe le monete. A partire da oggi, poi, sarà «vietata l’istruzione ucraina – spiega l’attivista di Kherson, Aleksander – Abbiamo notizie di insegnanti che vengono portati in Crimea per essere formati dal personale russo.

Parte della fase due consiste, inoltre, nella mobilitazione, mettere ucraini contro altri ucraini. «È già successo con i medici, chiamati a operare al fronte al servizio dell’esercito russo». Ora, denunciano le ong locali, gli uomini potrebbero essere costretti a combattere dalla parte del nemico. «Kherson è chiusa da una settimana: soprattutto gli uomini non possono uscire da qui. Forse – avverte l’attivista – questo è il primo segnale».