L’11 aprile è alle porte. Mancano tre settimane e il popolo ecuadoregno eleggerà il nuovo presidente della Repubblica. Ma qual è l’humus sociale ed economico del paese in questo secondo turno? Secondo alcuni dati dell’istituto nazionale di ricerche Cedatos sullo stato di salute del paese, l’80% degli ecuadoregni dichiara di essere sfiduciato e preoccupato per il futuro.

A confermare queste cifre allarmanti c’è il sociologo e docente universitario Francesco Maniglio che in una breve intervista ha aggiunto: «La metà della popolazione dell’Ecuador vive in povertà che aumenta nelle zone rurali dove raggiunge e supera il 60%. È aumentato il lavoro informale che si è diffuso considerevolmente e si registra un preoccupante incremento della disoccupazione che non è solo il frutto della pandemia, ma soprattutto delle politiche di austerity e neoliberiste applicate negli ultimi quattro anni di governo Moreno. Le disuguaglianze economiche e sociali sono ritornate ai livelli dei decenni ’80 e ’90».

E in questo scenario preoccupante che si sfidano i due candidati al ballottaggio: Andrés Aráuz della coalizione della sinistra progressista Unes e Guillermo Lasso della destra neoliberista con l’appoggio della destra costegna. La disputa in campo non si limita solo ai due candidati ma a due modelli di sviluppo e a due modi differenti di costruire la società ecuadoregna.

Araúz è un giovane economista con già esperienze ministeriali che propone di ripiantare un modello di sviluppo di stampo neokeynesiano in termini di politiche economiche che si caratterizza per un forte intervento dello Stato nell’economia, un incremento della spesa pubblica nell’educazione e nella salute, un rafforzamento del settore pubblico, riforme fiscali di distribuzione delle risorse dall’alto verso il basso e il progetto di trasformazione della matrice produttiva con lo scopo di difendere il prodotto nazionale. In altri termini, la vittoria di Aráuz garantirebbe il ritorno, più soave, del programma della Revolución Ciudadana dell’ex presidente Rafael Correa interrotto con il governo di Lenín Moreno.

Lasso è un banchiere di vecchio corso con incarichi importanti in due governi passati (Mahuad e Gutiérrez) che vuole dare continuità al modello di sviluppo neoliberista messo in atto negli ultimi quattro anni. Il líder della destra propone una forte riduzione della spesa pubblica e delle tasse per il settore produttivo, una maggiore apertura delle frontiere per l’entrata dei capitali stranieri che vogliono investire nel paese con agevolazioni fiscali ma anche più facilità d’uscita degli stessi capitali verso l’estero, un piano di rafforzamento del settore privato su quello pubblico che prelude all’accelerazione delle privatizzazioni già avviate con Moreno dal 2018 e infine la ratifica degli accordi di libero commercio.

Questa disputa elettorale, politica e paradigmatica degli ultimi anni in America latina, si è riproposta in ogni elezione presidenziale dall’inizio del XXI secolo e vede in vantaggio, al momento, il progressismo di sinistra contro la destra neoliberista.

Anche queste elezioni in Ecuador sembrano confermare la tendenza. Il primo sondaggio elettorale in circolazione è quello realizzato dal docente dell’Università di Guayaquil, Omar Maluk, che dà in vantaggio il candidato della sinistra Aráuz con il 58% sul candidato della destra Lasso fermo al 41%. Il sondaggio dell’istituto Clima Social dà vittorioso Araúz con 10 punti di vantaggio.

Inoltre, si registra una percentuale importante di indecisi (il 12%) mentre le schede nulle sarebbero il 15%. Quest’ultimo dato esprime il malcontento generato nell’elettorato del candidato del movimento indigeno Yaku Peréz che ha annunciato la campagna per il voto nullo ideologico. Dal 7 al 23 febbraio in Ecuador si è assistito a un riconteggio interminabile tra Lasso e Yaku per definire chi avrebbe corso contro Araúz. L’ha spuntata il banchiere con un esiguo scarto di 32.115 voti (0,35%) generando rabbia e frustrazione nelle comunità indigene e una parte della società civile che aveva appoggiato Peréz al primo turno.

Intanto, domenica 21 marzo si è tenuto il primo dibattito presidenziale in cui, a detta di Francesco Maniglio, «i due candidati hanno evidenziato una differenza di proposte nel campo economico ma hanno comunicato prevalentemente all’elettorato di centro per conquistare maggiori consensi. Entrambi hanno evaso su alcuni temi importanti come la sicurezza dopo la ribellione nelle carceri e la questione del razzismo strutturale nel paese».

Nello stesso dibattito Aráuz ha mostrato sicurezza e padronanza sui temi di carattere economico a differenza del banchiere che sembrava rincorrere l’avversario senza scalfirlo seriamente. Solo nella parte finale Lasso ha recuperato qualche consenso adottando una strategia comunicativa ripetitiva e pungente accusando il suo avversario di essere un bugiardo. Se dovessero essere confermati i sondaggi, il prossimo presidente dell’Ecuador dovrà riconquistare la fiducia e l’ottimismo dei suoi connazionali, vista la drammatica situazione in cui versa il paese.