Dopo l’arresto avvenuto il 25 luglio, Boris Kagarlitsky, principale intellettuale socialista dell’odierna Russia, da sempre critico del potere, è stato trasferito dal FSB a Syktyvkar, capitale della Repubblica Komi, nel grande nord russo, a oltre 1300 km dalla sua abitazione moscovita.

Il tribunale di Syktyvkar ha confermato il procedimento di custodia cautelare fino al 24 settembre, confermando anche l’accusa, pretestuosa, di «giustificazione del terrorismo». In tal modo alla vigilia del suo 65mo compleanno, Kagarlitsky rischia sette anni di reclusione. Ieri, gli avvocati del professore hanno presentato ricorso contro il mantenimento del fermo.

Dal 25 luglio, da tutto il mondo continuano a levarsi proteste e appelli a favore di Kagarlitsky. Si sono spesi in particolare i leader dei principali partiti della sinistra d’opposizione europea quali il britannico Jeremy Corbin e il francese Jean-Luc Mélenchon.

Anche all’interno della Russia, si susseguono azioni sporadiche e flash mob di supporto. Ieri tre giovani attivisti socialisti sono stati arrestati, ma subito rilasciati, dopo aver manifestato con cartelli a sostegno del sociologo sull’Arbat (il principale viale pedonale nel centro di Mosca). In molte altre città del grande paese si sono moltiplicate le affissioni di volantini con il volto del sociologo così come letture pubbliche degli scritti di Boris Kagarlitsky, che dall’inizio della guerra in Ucraina ha sottoposto al vaglio di una serrata critica marxista le contraddizioni di una Russia neoliberista in pretesa lotta con le centrali occidentali di tale ideologia.

Domenica, a sorpresa, il caso Kagarlitsky è apparso pubblicamente davanti al presidente Putin. Durante la conferenza stampa fiume concessa dal capo del Cremlino, il suo giornalista preferito, Andrei Kolesnikov del Kommersant, ha sollevato i casi di Kagarlitsky e di Eugenia Berkovich (la regista teatrale e poetessa colpita anche lei da fermo il 5 maggio con la stessa accusa). Kolesnikov ha quindi arditamente chiesto: «È normale che in Russia la gente venga arrestata per le proprie opinioni? Ci stiamo avvicinando alla situazione del 1937? (data d’avvio del terrore staliniano, ndr)».

Putin, nonostante già provato da oltre un’ora di dibattito, non si è fatto cogliere di sorpresa. «A differenza del ’37, la Federazione Russa si trova in un conflitto militare, e devono esserci determinate misure contro coloro che danneggiano il paese dall’interno». Putin ha poi aggiunto. che in Ucraina simili elementi, portatori di idee non conformi a quelle del governo, vengono direttamente «liquidati».

Il presidente russo si è poi esibito in un vecchio trucco, già utilizzato altre volte in riferimento a casi di repressione di oppositori ben conosciuti in Russia e all’estero. «Non so di chi stia parlando, è la prima volta che sento questi cognomi» ha dichiarato.