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Julia Salazar, strategia degli esclusi

Julia Salazar, strategia degli esclusiJulia Salazar al centro

Intervista esclusiva Dalla working class a senatrice dello stato di New York eletta per il partito democratico

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 23 febbraio 2019

Nelle elezioni di Midterm, Julia Salazar è stata eletta senatrice dello Stato di New York tra le fila del Partito Democratico, dopo aver battuto a sorpresa il senatore in carica Martin Malavé Dilan alle primarie. Con i suoi 28 anni, Salazar oggi costituisce negli Stati Uniti, insieme ad altri rappresentati di spicco come Ocasio-Cortez e Rashida Tlaib, l’avanguardia socialista guidata da Bernie Sanders. Salazar è infatti membro dei Socialisti Democratici d’America e il suo profilo da working class immigrant, nonostante alcune polemiche, rispecchia il percorso della più nota e carismatica Ocasio-Cortez. La scorsa estate ho seguito da New York l’intensa campagna elettorale di Salazar, scandita da parole d’ordine come: giustizia sociale, comunità, assistenza medica gratuita, controllo degli affitti, tassazione per i ricchi e potenziamento dei trasporti pubblici. Negli ultimi mesi la neosenatrice ha sostenuto la battaglia contro la costruzione del nuovo quartier generale di Amazon (HQ2) a New York, criticando duramente la scelta di assegnare miliardi di incentivi pubblici alla multinazionale di Bezos. Secondo Salazar, inoltre, Amazon avrebbe portato “pratiche di lavoro inique e agito come una macchina per il trasferimento delle comunità”.

Come ha coinvolto i lavoratori della sua comunità nella campagna elettorale?

Quando ho deciso di candidarmi, ero un’organizzatrice di comunità a tempo pieno ed un membro attivo dei Socialisti Democratici d’America. Il rafforzamento della working class era tra i miei obiettivi e sapevo che la mia campagna doveva essere condotta da membri della comunità e da persone comuni. Il distretto di New York in cui vivo è il 18°, qui il reddito medio di una famiglia è di circa 43mila dollari l’anno, molte persone cercano di mantenere la propria famiglia con quel reddito. È un dato schiacciante se si considera che questo è un quartiere di lavoratori. Durante la campagna abbiamo bussato a migliaia di porte e incontrato e dialogato con le persone, affrontando i problemi che li affliggono quotidianamente. Una strategia politica che ci ha portato ad avere un rapporto informale con la nostra comunità, fondamentalmente è stata questa la strategia che abbiamo adottato per coinvolgere i lavoratori: dare voce agli esclusi.

In che modo ha finanziato la sua campagna?

Abbiamo ricevuto un po’ di supporto dai sindacati ma abbiamo rifiutato qualsiasi donazione da parte di costruttori, di chi investe nel mercato immobiliare, di lobby o corporation. Volevamo assicurarci di dover rendere conto solo agli elettori del nostro distretto e non agli interessi dei privati, quindi abbiamo respinto quel tipo di finanziamenti. Le nostre donazioni medie, al termine della campagna, sono state tra i 27 e i 50 dollari. Abbiamo avuto migliaia di donatori individuali.

Quali saranno le sue battaglie politiche come senatrice?

Il mio obiettivo prioritario per il nuovo anno è quello di riformare le leggi sull’affitto per assicurarmi che gli inquilini siano finalmente tutelati; questo impegno rispecchia la convinzione che l’alloggio sia un diritto umano. Inoltre insisto sul fatto che, se crediamo che a New York sia necessario lottare per leggi sull’affitto più forti ed eque, dobbiamo investire seriamente in alloggi a prezzi accessibili. Abbiamo bisogno, oltre a queste cose, di concentrare le forze sul grave problema dei senzatetto, dobbiamo fare di più per trovare soluzioni efficaci per chi non ha una casa piuttosto che costruire più shelter (ricoveri ndr). A New York, e sempre più nelle città di tutto lo Stato, le leggi sugli affitti sono concepite per favorire gli interessi dei costruttori e degli immobiliaristi. Esistono pessime politiche di deregolamentazione che ogni anno provocano lo sfollamento di migliaia di famiglie, a causa degli aumenti indiscriminati degli affitti. Quando parliamo di controllo universale dell’affitto facciamo riferimento ad una politica che assicuri ad ogni inquilino dello stato di New York di essere effettivamente protetto dalle prepotenze dei proprietari e soprattutto dal trasferimento. Molti inquilini hanno i cosiddetti canoni preferenziali con i quali pagano meno dell’affitto massimo legale, ma quando il proprietario decide di vendere l’appartamento è legalmente autorizzato ad aumentare l’affitto oltre il limite che l’inquilino può permettersi di pagare e quest’ultimo è costretto ad abbandonare casa.

Io stessa sono un’affittuaria, vivo da 4 anni in un appartamento a Bushwick, durante questo periodo ho pagato un affitto al di sotto del mercato. Il padrone di casa potrebbe ipoteticamente aumentare il mio affitto in qualsiasi momento e non sarei più in grado di permettermi di vivere lì. È un problema che molte persone sono costrette ad affrontare ed è stato fondamentale per me condurre una campagna per eleggere qualcuno che fosse responsabile nei confronti degli inquilini e non della lobby immobiliare. Negli ultimi tre decenni, i governatori – il legislatore statale in particolare – hanno indubbiamente fallito negli investimenti per le nostre comunità e questo aspetto si riflette anche nell’educazione pubblica. In un distretto della classe operaia come il mio, dove il 71% della popolazione è composta da neri e latini, le scuole pubbliche soffrono perché non hanno sufficienti risorse.

In che modo i Socialisti Democratici stanno influenzando le politiche del Partito Democratico?

Dobbiamo continuare ad impegnarci all’interno del Partito Democratico e credo che possiamo farlo più efficacemente a livello locale ed iper-locale perché lì ci sono più opportunità.

Abbiamo bisogno di presentare candidati socialisti in linea con il Partito Democratico dove questo abbia un senso. Nel mio distretto ad esempio la stragrande maggioranza degli elettori registrati, più del 90%, è democratica. Se avremo intenzione di influenzare il cambiamento all’interno del partito si creerà una bolla dal basso. Credo che il nostro modello di partito, a differenza dell’Europa dove c’è una struttura democratica e dove le persone sentono realmente una forte affiliazione al partito, sia una sorta di macchina in un meccanismo in cui si possono esprimere i voti e candidarsi; è un meccanismo per politiche elettorali e non per campagne politiche sui problemi di base. Di conseguenza sono convinta che non dovremmo, in quanto Socialisti Democratici, focalizzarci sulla trasformazione del Partito Democratico quanto piuttosto coinvolgere il partito nelle nostre politiche, poiché questa è la strategia più efficace per ottenere potere e rafforzare la classe lavoratrice.

Quali sono i punti di forza e le debolezze della politica di Trump?

Non c’è alcun aspetto della politica della presidenza Trump che condivido. Credo abbia beneficiato del fatto di aver parlato in modo diretto dei problemi dei lavoratori ma le soluzioni che ha proposto in realtà stanno avvantaggiando la classe dirigente, l’1% della popolazione. Trump ha fatto appello alle persone escluse dal processo politico durante la sua campagna elettorale ma nel corso degli ultimi 2 anni abbiamo visto crescere la solidarietà tra classi, nei movimenti sociali. Trump ha utilizzato gli immigrati come capro espiatorio per ottenere il sostegno dei non-immigrati; è stata una strategia efficace e vincente purtroppo ma penso che le cose stiano cambiando. Ovviamente ci sono molte persone della classe operaia che hanno votato per Sanders o che hanno sostenuto Clinton. Credo che la working class rappresenti la base ed è anche lo spazio in cui si muove Trump. Lui ha molti consensi nei sobborghi della classe bianca medio-alta e tra i lavoratori non istruiti ma sotto la sua amministrazione le condizioni dei lavoratori sono peggiorate.

Cosa pensa degli esperimenti politici portati avanti in America Latina negli ultimi anni? Penso a Chavez, Correa, Morales.

Possiamo trarre ispirazione dai movimenti popolari in America Latina per cercare di organizzare il socialismo negli Stati Uniti; stiamo affrontando il regno del capitale. Tuttavia non abbiamo un movimento operaio e un proletariato forte e unito come in Venezuela quando Chavez ha conquistato il potere, per esempio, o come abbiamo visto in Bolivia. Di conseguenza, in quanto socialisti negli USA, penso che dovremmo assolutamente imparare dai movimenti dei lavoratori e dalle rivoluzioni in Sud America, ma anche dai movimenti dei lavoratori in Europa, come nel Regno Unito che è probabilmente più vicino alle nostre condizioni. Possiamo imparare da questi ultimi l’importanza di avere un movimento sindacale unito nella prospettiva di un progetto socialista.

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