Una sorpresa il voto di domenica? Non proprio, piuttosto una conferma dei comportamenti elettorali e geografici del 2017, dove i tre principali candidati, che hanno raccolto complessivamente il 75% dei voti espressi, «si rafforzano dove erano già forti». Lo spiega il geografo Jacques Lévy, specialista di geopolitica, professore all’Ecole polytechnique fédérale di Losanna, tra gli ultimi libri pubblicati Géographie du politique (Odile Jacob).

Jacques Lévy

Cosa ci dice la lettura della carta geografica del voto? C’è un rapporto con il voto del referendum europeo del 2005?

È una geografia molto vicina a quella del 2017, dove sono stati rafforzati i movimenti di fondo delle tre principali componenti. Macron ha vinto nelle grandi città, nell’ovest, in un terzo del sud-ovest, ha fatto una buona percentuale in Alsazia, questa è la Francia che ha votato sì al referendum su Maastricht del 1992 e a quello sul Trattato costituzionale del 2005. La carta è uguale, ma c’è un elemento in più: una volta l’Europa era un argomento tra gli altri, mentre ora è diventato centrale. Mélenchon ha preso più voti nelle periferie popolari e nel centro delle città universitarie. I punti di forza di Marine Le Pen sono gli ex bacini industriali, l’area parigina fuori dall’Ile-de-France, le valli del Rodano e della Garonne, il litorale mediterraneo. Marine Le Pen ha aumentato i suffragi da sola e in più avrà l’appoggio del 7% di Eric Zemmour, che ha messo nel circuito dell’estrema destra la borghesia reazionaria, che è consistente a Parigi, quella che ha partecipato ai cortei della Manif pour tous (contro il matrimonio omosessuale). Nei centri città, Mélenchon ha recuperato qualcosa su Macron, mentre Macron ha recuperato sulla destra che aveva votato François Fillon, candidato della destra dei Républicains nel 2017.

La carta della rivolta dei gilet gialli ci dice qualcosa sul voto di domenica?

Il movimento dei gilet gialli non è esploso né nelle campagne lontane né in centro, ma nelle zone periurbane e nelle piccole città. Questo è il cuore del voto Le Pen, mentre Mélenchon, anche se ha fatto la danza del ventre per attirare i gilet gialli, non ha avuto grande successo.

Bisogna però dire che l’essenziale dei gilet gialli sono astensionisti. La popolazione attiva è solo una parte degli elettori, alcuni non sono ancora entrati nel mondo del lavoro, altri ne sono usciti, c’è un’enorme proporzione di pensionati nel corpo elettorale, intorno al 30%. C’è un circolo dei partiti di governo, rappresentato da Macron. Un secondo circolo più tribunizio: qui troviamo Mélenchon, ma anche Marine Le Pen. Alla prova del potere, che i tribuni sfuggono, questi partiti si sgonfiano (come era successo a suo tempo al Pcf). Ma Le Pen alla prova del potere potrebbe trasformarsi in un Viktor Orbán, che dopo una prima vittoria nel 1998 è stato al potere per 15 anni, di cui 11 consecutivi e ha ancora vinto alle ultime elezioni all’inizio del mese. Per questo una vittoria di Marine Le Pen sarebbe un terremoto.

Quale è la carta dell’astensione?

L’astensione aumenta, su basi proprie: per esempio, nel dipartimento della Seine-Saint-Denis, nella banlieue di Parigi, che ha una popolazione di giovani urbani. Ma in queste zone dove vive una popolazione di origine straniera, non ci sono voti all’estrema destra, che invece si concentrano anche in ex bacini di immigrazione, ma tra i nipoti dei vecchi immigrati, confermando una regola che esiste da tempo, cioè non vota estrema destra chi vive a fianco degli immigrati, ma chi li vede da lontano. Marine Le Pen non è riuscita ad entrare in città.

La guerra è tornata in Europa. Emmanuel Macron e Marine Le Pen hanno posizioni opposte sul conflitto, sulle priorità e anche sulla posizione geopolitica. L’Ucraina ha avuto un’influenza sul voto?

Questa elezione francese è una nuova prova che, su scala mondiale, è in corso una guerra civile a bassa intensità, una guerra tra despotismo e democrazia, tra referenze comunitarie e libertà individuale. Una vittoria di Marine Le Pen sarebbe una sconfitta per il campo del progresso, dell’apertura, nel faccia a faccia in corso a livello mondiale.