Da un lato i tonfi dei tamburi del Ramadan, suonati nel cuore della notte per svegliare la gente e chiamarla al sahur, il pasto tradizionale prima dell’inizio del digiuno religioso. Dall’altro, il battere di pentole e coperchi dalle strade e le finestre dei palazzi, reminiscenza delle proteste di Parco Gezi nel 2013 e della contestazione contro il governo autoritario del presidente Erdogan.

Affondata in questa cacofonia di suoni, Istanbul vive nell’incertezza, nervi a fior di pelle, dopo che la Commissione elettorale suprema (Yuksek Secim Kurulu, Ysk) ha infine assecondato le indicazioni del presidente della repubblica e annullato il voto che, soltanto il 31 marzo scorso, aveva consegnato le chiavi della metropoli a Ekrem Imamoglu, candidato del partito repubblicano (Chp).

Imamoglu è stato così sostituito fino al prossimo 23 giugno da un sindaco ad interim. Prima Goksel Gumusdag, presidente del club di calcio Medipol Basaksehir e pezzo da novanta del partito di Giustizia e Sviluppo (Akp) di Erdogan, poi dal prefetto Ali Yerlikaya, altro fedelissimo del presidente e noto soprattutto per aver lanciato un boicottaggio della Coca-Cola…bevendo Fanta.

Il vicepresidente del Chp Muharrem Erkek ha duramente contestato la ragione alla base del provvedimento della Ysk, dichiarando che «non ci sono solide prove che la scelta dei presidenti di seggio tra non pubblici ufficiali abbia condizionato l’esito del voto».

La Commissione ha rigettato l’accusa delle opposizioni di aver chinato il capo di fronte a pressioni esterne. E tuttavia lo stesso organismo ha rivelato di aver rigettato un precedente ricorso del partito conservatore Saadet, che aveva contestato la vittoria dell’Akp nel distretto Yesill di Mersin adducendo le medesime motivazioni che hanno invece portato all’annullamento ad Istanbul.

A far discutere soprattutto il fatto che, in concomitanza e con le stesse modalità dell’elezione del sindaco di Istanbul, si sono tenute anche le elezioni dei distretti cittadini, ottenuti in maggioranza dall’Akp. Stessa busta, stessi seggi, stessi osservatori e presidenti di seggio. Queste, tuttavia, non sono state annullate dalla Ysk.

Le opposizioni, in una mossa a sorpresa, hanno quindi presentato formale richiesta di annullamento non solo delle elezioni nei distretti, ma anche delle elezioni presidenziali e politiche del 2018, poiché avvenute sotto le medesime condizioni. Una mossa politica, finalizzata a rendere palese agli occhi dell’elettorato l’incoerenza delle decisioni della Commissione elettorale.

In strada intanto le chiamate alla mobilitazione permanente sono dissuase dal dispiegamento di polizia, soprattutto nei quartieri «caldi» di Besiktas e Kadikoy, dove i variegati movimenti di opposizione non rinunciano a marciare, cantano, si disperdono e poi riuniscono per evitare l’intervento delle forze di sicurezza.

Il dibattito tra i cittadini vive ora di numerosi voci, spesso incontrollate, segnale non solo della tensione che aleggia, ma anche della profonda sfiducia in istituzioni da cui pare lecito attendersi di tutto. Accanto alle teorie di ingegneria elettorale che il governo potrebbe mettere in campo per ribaltare il risultato del marzo scorso, coesistono le speculazioni sulla scelta della data, successiva alla chiusura delle scuole e con molte famiglie che già hanno prenotato le vacanze.

Recep Ozel, rappresentante Akp nella Ysk, ha confermato che i giovani divenuti maggiorenni tra il 31 marzo e il 23 giugno non potranno partecipare al voto. Smentita dal ministero degli Interni la voce che voleva oltre 100mila poliziotti richiamati a Istanbul e iscritti alle liste elettorali. «Le liste resteranno quelle registrate al 31 gennaio», garantiscono dal ministero.

Intanto le compagnie aeree e le amministrazione dei centri turistici del sudovest, gettonatissimi per le vacanze estive, offrono il cambio gratuito della data dei pacchetti viaggio e dei biglietti già prenotati, mentre diversi gestori delle spiagge annunciano la chiusura degli stabilimenti. Andate a votare, il messaggio.

Anche online la campagna si è subito incendiata. Moltissime le celebrità hanno abbracciato l’hashtag #HerSeyCokGuzelOlacak, «Andrà tutto benissimo», a sostegno di Imamoglu. I loro nomi sono però finiti in una lunga lista ripubblicata su Twitter da Muhammet Safi, direttore dell’archivio della presidenza della repubblica, sollevando un polverone che ha portato alla richiesta di un’inchiesta parlamentare che chiarisca il comportamento del pubblico ufficiale.

L’Akp, contestato anche da molti suoi ex pezzi grossi e ridotto al triumvirato composto da Erdogan e dai ministri Albayrak e Soylu, si gioca il tutto per tutto per riprendere il gioiello Istanbul. Lo strappo e la nuova chiamata alle urne rischia però di alienare dal partito la fiducia di quegli elettori storici che ancora ritengono l’Akp una forza ligia al risultato delle urne. Soltanto dopo il 23 giugno si saprà se, per la democrazia turca, sarà’ andato tutto benissimo.