Perché il ministero della sanità israeliano chiede che il governo approvi al più presto la spesa di 2,1 miliardi di dollari per l’acquisto di altri milioni di dosi di vaccini. Nei suoi depositi speciali ci sono scorte sufficienti per proseguire senza problemi la campagna vaccinale che ha consentito di immunizzare sino ad oggi oltre il 50% degli israeliani. E perché il ministro della sanità Edelstein vuole che i suoi colleghi mantengano un riserbo assoluto sui particolari di questo imponente contratto commerciale. Sono solo alcuni degli interrogativi che avvolgono la rivelazione fatta giovedì sera dalla rete televisiva Kan e rimasta nell’ombra perché l’attenzione è rivolta ai risultati delle legislative del 23 marzo. Il premier Netanyahu non ha una maggioranza e il suo partito, il Likud, pare impegnato a promettere ministeri e incarichi di rilievo a deputati del campo avverso pur di raggiungere la soglia dei 61 seggi su 120 della Knesset. Mercoledì il presidente Rivlin riceverà i dati ufficiali delle quarte elezioni in due anni e avvierà le consultazioni per la formazione del nuovo governo. Non è da escludere il ritorno alle urne nei prossimi mesi.

Due giorni fa, ha riferito Kan, avrebbe dovuto tenersi un incontro urgente sulla richiesta presentata da Edelstein ma è stata rinviata a lunedì perché il suo collega alla difesa, Benny Gantz, vuole una spiegazione dettagliata delle ragioni dietro questa richiesta spropositata. Si è saputo dalla commissione finanze della Knesset che Israele ha già pagato alla Pfizer-BionTech 788 milioni di dollari per le 15 milioni di dosi che si è procurato nei mesi passati. Parecchio di più rispetto agli Stati uniti e all’Unione europea e questo spiegherebbe l’immediata disponibilità del colosso Usa della farmaceutica a fornire allo Stato ebraico milioni di fiale. Netanyahu inoltre ha fatto di Israele una sorta di laboratorio a disposizione della Pfizer per studiare l’efficacia e gli effetti avversi delle vaccinazioni. Ora si apprende di questo nuovo ingente investimento, anticipato dallo stesso Netanyahu che aveva parlato a inizio mese della necessità di garantire al paese altri milioni di dosi per una possibile seconda campagna di immunizzazione.

Stando a voci che girano, Israele intenderebbe procurarsi in anticipo i vaccini «aggiornati» ai quali sta lavorando la Pfizer per contrastare le varianti del coronavirus. Altre indiscrezioni fanno riferimento alla «diplomazia dei vaccini». In sostanza lo Stato ebraico potrebbe inviare o vendere quantitativi significativi di dosi a una serie di paesi alleati o con i quali pianifica di stringere i rapporti. Forse anche nel mondo arabo, in una sorta di Accordo di Abramo sanitario sotto la leadership israeliana. Netanyahu nelle passate settimane aveva annunciato la spedizione simbolica (poi fermata) di migliaia di dosi di vaccino Moderna a una ventina di paesi, tra i quali San Marino. Qualcuno ipotizza che una parte delle dosi forse saranno impiegate per immunizzare una porzione di palestinesi nei Territori occupati, in modo da impedire che si sviluppino varianti locali del virus che finirebbero per trasmettersi anche alla popolazione israeliana. Ma è arduo crederlo dato che sino ad oggi Netanyahu ha resistito alle pressioni internazionali per un aiuto immediato ai palestinesi sotto il controllo militare israeliano, privi dei mezzi per acquistare i vaccini. Tel Aviv sostiene che, sulla base degli Accordi di Oslo del 1993, spetta all’Anp di Abu Mazen garantire assistenza sanitaria ai palestinesi in Cisgiordania e Gaza.