Molti già suonano le trombe della pace e proclamano la ripresa del «processo di pace israelo-palestinese» sottolineando che quello di domenica sera tra il presidente dell’Anp Abu Mazen e il ministro della difesa israeliano Benny Gantz è stato il primo incontro ufficiale ad alto livello tra le due parti dal 2010. Ma come lo stesso ministro israeliano ha ripetuto più volte, il faccia a faccia avvenuto a Ramallah non ha avuto lo scopo di rilanciare il processo diplomatico. Ha affrontato temi economici e finanziari. In sostanza i due hanno discusso di come salvare dalla bancarotta l’Autorità nazionale palestinese sul punto di crollare e del coordinamento tra i servizi di sicurezza delle due parti. D’altronde, riportano i media israeliani, venerdì il premier Naftali Bennett è stato categorico quando ha chiarito al presidente degli Stati Uniti Joe Biden che il suo governo non ha intenzione di portare avanti un processo diplomatico ma desidera solo adottare misure di aiuto economico all’Anp.

Le parole di Gantz comunque non lasciano dubbi. «Più forte è l’Anp, più debole sarà (il movimento islamico) Hamas. Più salda sarà la sua capacità di governare, più sicurezza avremo anche noi e meno dovremo fare», ha spiegato. Nello Stato ebraico seguono con preoccupazione il crollo del consenso ad Abu Mazen e all’Anp avvenuto in questi ultimi mesi dopo il rinvio delle elezioni legislative e presidenziali decretato dal presidente palestinese e in conseguenza delle crisi di Sheikh Jarrah e Silwan a Gerusalemme Est e della escalation militare tra Israele e Hamas. Crisi e conflitti che hanno mobilitato per settimane i palestinesi, non solo nei Territori occupati, e che però non hanno spinto Abu Mazen e l’Anp a Ramallah a adottare una linea politica più incisiva a sostegno delle proteste e delle rivendicazioni della popolazione. Un profilo (a dir poco) basso che ha fatto scendere al minimo storico le quotazioni di Abu Mazen permettendo ad Hamas di conquistare consenso perfino nei segmenti laici e progressisti della società civile palestinese. Senza dimenticare la dura repressione ordinata dai vertici dell’Anp delle proteste in Cisgiordania per l’uccisione di Nizar Banat, un attivista palestinese picchiato a morte da agenti dell’intelligence per aver accusato l’Anp di corruzione e malgoverno.

Israele corre in soccorso dell’Anp, sua partner nella gestione della sicurezza, temendone la dissoluzione a vantaggio di Hamas. Gantz ha riferito che Israele darà all’Anp, con le casse vuote, 500 milioni di shekel (155 milioni di dollari) come anticipo sulle tasse che riscuote per conto dei palestinesi (circa 2,8 miliardi di dollari all’anno). L’Anp li restituirà a partire da giugno 2022. Stando sempre a quanto riferito da Gantz, Israele legalizzerà la residenza di un numero imprecisato di palestinesi di Gaza e di cittadini di altri paesi sposati a palestinesi della Cisgiordania. Israele, 28 anni dopo la firma degli Accordi di Oslo, continua a gestire in modo esclusivo il registro della popolazione palestinese. Le carte di identità rilasciate dall’Anp, ancora oggi devono essere approvate dalle autorità militari israeliane per essere valide. Il ministro israeliano ha anche promesso che saranno rilasciati permessi per altri 15.000 palestinesi che intendono lavorare nello Stato ebraico. Infine, ha confermato il rilascio di 1.000 permessi edilizi per i palestinesi residenti dell’Area C, il 60% della Cisgiordania ancora sotto controllo israeliano.

La stretta di mano tra Abu Mazen e Benny Gantz garantisce una boccata d’ossigeno per l’Anp sul punto di soffocare ma aggrava le fratture interne dei palestinesi. Il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri ha definito l’incontro di domenica sera un passo pericoloso e ha accusato l’Anp di essere più interessata a mantenere il coordinamento della sicurezza con Israele che a realizzare le aspirazioni nazionali palestinesi. Simile il giudizio del Jihad islami.