L’avevano annunciato nel programma di coalizione tra popolari (Oevp) e la xenofoba Fpoe: «Applicazione severa dei titoli di legge per chiudere luoghi di culto religiosi estremisti». E giù con mano pesante, sette moschee verranno chiuse e una sessantina di imam accusati di ricevere finanziamenti illeciti dall’estero potrebbero venire espulsi.

La decisione è stata comunicata dal governo ieri in modo singolare: conferenza stampa alle 8 del mattino convocata d’urgenza. Presenti in quattro, il cancelliere Sebastian Kurz, il suo braccio destro Gernot Bluemel, entrambi popolari, il ministro degli interni Herbert Kickl e H.C. Strache, vicecancelliere entrambi Fpoe. «Per la prima volta, spiegano, la legge sull’Islam, che nel 2015 è stata emendata in senso più restrittivo, è stata applicata in modo rigido». In Austria una legge che riconosce l’Islam come religione ufficiale e l’ istituzione come ente pubblico esiste fin dal 1912. Il governo rivendica un’azione su tre fronti. Chiusura della moschea che sarebbe gestita dai lupi grigi, nota organizzazione turca di estrema destra, nel quartiere Favoriten di Vienna. Delle fotografie apparse sui giornali mostrano giovani che fanno il saluto dei lupi. Inoltre, ha spiegato il ministro per questioni di culto Bluemel, sarebbe stata la stessa comunità di fede islamica ad avvisare che si sarebbe trattato di una moschea non autorizzata. Si tratta in realtà di una scissione dai lupi grigi, un piccolo gruppo ancora più a destra chiamato «Nizam-i Alem» sicuramente pericoloso, ha spiegato il politologo Thomas Schmidinger alla radio dell’orf , dichiarandosi tuttavia scettico sulla scelta di chiudere la moschea. La decisione di espellere gli imam si basa invece sul sospetto che gli quelli aderenti all’associazione Atib, Unione turca islamica di collaborazione culturale e sociale, fossero finanziati dall’estero, cosa vietata dalla legge. Si parla di 40 persone, su 11 delle quali le indagini sono in corso. Due imam hanno già ricevuto il divieto di ulteriore soggiorno in Austria.

E’ singolare il momento scelto per l’operazione, a ridosso delle elezioni in Turchia che si svolgeranno il 24 giugno. Da giovedì fino al 19 giugno gli oltre centomila turchi presenti nel Paese voteranno per il parlamento e per il presidente turco. «E’ un momento proprio infelice, acqua sul mulino della destra» dice Schmidinger. «Di sicuro non si aiutano così agli avversari del regime autoritario in Turchia». Si tagliano luoghi di ritrovo musulmani «per guadagnarne capitale politico» ha accusato il portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin, che così ha potuto ergersi a difensore degli interessi dei turchi all’estero. Per Kalin l’espulsione degli imam e la chiusura delle moschee sarebbe «uno dei risultati dell’ondata razzista e populista diretta contro l’islam».
Il portavoce di Atib Yasar Ersoy che rappresenta 60 associazioni islamiche ha ammesso che alcuni degli imam, ce ne sono in tutto circa 260 nel paese, sono finanziati con fondi provenienti dall’estero, ma non per scelta, ha precisato Ersoy, bensì per l’impossibilità di potersi formare in Austria. La comunità islamica (Iggoe) – che rappresenta l’8% della popolazione austriaca – ha annunciato una risposta all’azione del governo per sabato, dopo essersi riunita in Consiglio.

Il terzo fronte invocato dal governo è lo scioglimento della Comunità araba di culto e la chiusura delle moschee che gestisce. Sono sei, tra Alta Austria, Carinzia e Vienna. Misura spiegata da Bluemel con la loro tendenza salafita, più che accertata supposta sulla base di articoli di giornali e sull’ articolo più discusso della legge austriaca sull’Islam, quello che prescrive «un orientamento di fondo positivo verso lo stato e verso la società». «Non c’è posto qui per società parallele, islam politico e radicalizzazione» è il mantra ripetuto dagli esponenti di governo. A questo proposito colpisce lo scandalo del ministro degli interni Kickl che ha tentato un golpe contro il proprio ministero per bloccare le indagini sull’estrema destra.

L’opposizione in parlamento, il partito socialdemocratico (Spoe), in una prima reazione alle nuove misure ha espresso un cauto consenso: «Sembra la prima misura intelligente di questo governo – ha detto il segretario organizzativo Max Lercher – ma il momento scelto come sempre risponde consapevolmente a tecniche di marketing, per distrarre da provvedimenti impopolari come l’introduzione della giornata lavorativa di 12 ore».
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