Ci sono tanti mondi nel mondo del Roma Pride che alla sua trentesima edizione invade le strade della capitale. Ma c’è anche un grande filo arcobaleno che li tiene insieme: la risposta agli attacchi della premier Meloni. Lei chiude il G7 dicendo: «Il governo italiano non ha fatto nessun passo indietro rispetto alle norme su aborto, diritti lgbt e… compagnia cantante».

La piazza canta, e balla, sfidando ciò che questa destra dice e fa, quello che rappresenta. Di «derive autoritarie disseppellite dal cimitero della storia, alimentate dall’esecutivo più a destra della storia repubblicana» parla il manifesto politico che ha chiamato la mobilitazione, promettendo: «saremo la resistenza che invaderà le strade ed arriverà ovunque, perché ovunque serve la nostra voce».

E le strade della capitale sono invase per davvero. «È il più grande Pride degli ultimi anni nella storia della manifestazione a Roma», dice il portavoce Mario Colamarino. Intanto un lunghissimo serpentone colorato, «oltre un milione» per gli organizzatori, sta sfilando da piazza della Repubblica alle Terme di Caracalla. Trentanove i carri totali, che rappresentano le diverse anime della mobilitazione.

Trent’anni dopo il primo Pride nella capitale, una marea arcobaleno invade Roma per chiedere nuovi diritti e difendere quelli che sembravano ormai scontati. Ma che il governo Meloni ha rimesso in discussione
Manifestanti al Roma Pride

DAVANTI IL CAMION COMUNE e quelli delle organizzazioni lgbtqia+: lo storico Circolo Mario Mieli, l’associazione Gender X e quella per i diritti trans e delle sex worker Libellula, il trenino delle Famiglie Arcobaleno. Poi il truck dell’Olanda e quindi Messico e Germania. Dietro Cgil, studenti e Arci, con le bandiere palestinesi. A sparare musica a tutto volume anche i principali club e le storiche serate dell’ambiente. Tra i corpi scolpiti del Muccassassina si vedono anche i dem Alessandro Zan ed Elly Schlein.

Il corteo del Roma Pride 2024,
Il corteo del Roma Pride 2024, foto Andrea Sabbadini

C’è poi il carro di un locale scambista, dove le persone indossano toghe bianche e ornamenti dorati a rappresentare i baccanali orgiastici dell’antica Roma, e quelli delle aziende di gelati, detersivi, birra, energia elettrica e chi più ne ha più ne metta. Intorno non hanno molta gente, la loro presenza è contestata da chi li accusa di rainbow washing. Ovvero l’utilizzo delle battaglie lgbtqia+ per scopi di marketing.

Cartello ironico

NEL CORTEO RISUONANO le voci delle cantanti di riferimento della comunità: su tutte le classiche Donatella Rettore e Raffaella Carrà. A loro si aggiungono quelle più recenti di Mahmood con Tuta Gold e Annalisa con Bellissima. Ci sono gli echi sudamericani della murga, ma la musica è soprattutto elettronica: house e techno. In fondo suona la cassa dritta, quella con i bpm più alti.

La parola del Roma Pride 2024 è «frociaggine». Il riferimento non è limitato alla compagine omosessuale maschile, ma a tutta la «favolosità» lgbtqia+. Soprattutto è una presa in giro della recente dichiarazione di papa Francesco, nel solco di una storia fatta anche di ribaltamenti positivi e provocatori di parole inizialmente usate per offendere. «Quell’espressione del santo padre ci ha lasciati esterrefatti», dice Stefano, che in corteo è venuto con tunica bianca, bandiera arcobaleno, croce al collo e papalina in testa. Poi subito aggiunge: «Comunque frociaggine non ce n’è mai troppa». E sorride.

Sfila una grande bandiera trans

POCO DISTANTE c’è Lorenzo, che indossa l’uniforme da crociato e tiene in mano un cartello double face: «Sta tornando il Medioevo» da un lato e «Facciamo le frociate» dall’altro. «Mai come quest’anno c’è stata una regressione dei diritti di tutti perché c’è un governo che sostiene l’intolleranza. Invece noi vogliamo amare e rispettare tutti», dice. Dissacrante è anche la scritta tenuta in alto da una ragazza giovanissima: «Caro Vannacci qui io e le mie ame (amiche o amate in slang, ndr) siamo nove, vuoi essere la decima?».

Mirco Pierro
Siamo in un paese che non riconosce le famiglie arcobaleno. I nostri figli sono considerati di serie B. Le azioni di questo governo ci minacciano

In piazza sono presenti i rappresentanti dei partiti di opposizione: Pd, Avs, M5S, +Europa. I radicali hanno un carro. I giovani dem un piccolo spezzone con le bandiere. Ma c’è soprattutto tanta gente comune, che ha sentito l’urgenza politica di manifestare. «Siamo in un paese che non riconosce le nostre famiglie, per cui i nostri figli sono considerati di serie B. Ci sentiamo minacciati dalle azioni di questo governo. Sono la concretizzazione di una vera e propria omofobia di Stato che non si era mai vista», afferma Mirco Pierro, del direttivo nazionale delle Famiglie Arcobaleno. «C’è una deriva che bisogna fermare e perciò è necessario partecipare a eventi come questo. La scuola non è mai visibile, ma qui abbiamo incontrato tanti colleghi di ogni ordine e grado che sono venuti a testimoniare quanto è importante questo momento», dicono Claudia, Ombretta e Raffaella che insegnano nella scuola comunale dell’infanzia Fiore di Loto, a Mezzocamino, fuori dal raccordo anulare. Hanno in mano dei cartelli con scritto: «La scuola c’è». Sotto una bandiera arcobaleno e una della Palestina, «perché ce l’abbiamo nel cuore».

Manifestanti pro Palestina

LA QUESTIONE PALESTINESE è un altro grande tema di questo corteo, come di tutti quelli degli ultimi mesi. Il manifesto del Pride ha denunciato la «catastrofe umanitaria in corso a Gaza». L’associazione ebraica David Keshet ha scelto di non partecipare per il rischio di antisemitismo. In tanti, in tutti gli spezzoni, hanno portato angurie e bandiere bianche, rosse, verdi e nere. «Noi, lesbiche, bisessuali, froci, persone trans, non binarie, queer, femministe e transfemministe scendiamo in piazza per affermare che non c’è orgoglio nel silenzio davanti a un genocidio», dice il volantino distribuito dal blocco «No pride in genocide».