L’obiettivo era cambiare colore alla medaglia, obiettivo raggiunto: Irma Testa è la nuova campionessa mondiale di boxe, categoria fino a 57 chilogrammi. Titolo iridato raggiunto ieri ai punti (verdetto unanime 5-0) contro la kazaka Karina Ibragimova sul ring della K.D. Jadhav Indoor Hall di Nuova Delhi. Il gradino più alto era sfuggito solo un anno fa, nella finale mondiale di Istanbul, in cui si era fermata all’argento. Irma Testa è l’atleta dei record italiani: soprannominata Butterfly, è stata la prima azzurra a boxare alle Olimpiadi (Rio 2016), la prima a vincere una medaglia olimpionica (bronzo a Tokyo 2020) e adesso mondiale. Nel mezzo si è laureata campionessa europea nel 2019 pesi piuma.
Il commento all’incontro da un mito del pugilato, il napoletano Patrizio Oliva: «La finale non è stata spettacolare, lo si sapeva, è stata cerebrale e tecnica e in questo Irma è molto brava. La conosco da bambina, la sua tecnica è molto elegante. Il pugilato non è basato solo sui pugni, Irma si troverebbe in difficoltà, ma su forza mentale e tenuta fisica».

VENTICINQUE anni, Testa è nata a Torre Annunziata, tra Napoli e il Vesuvio: ha iniziato ad allenarsi a 12 anni, Lucio Zurlo il maestro, le prime gare a 14 anni. La sua storia l’ha raccontata tante volte: «Nella mia città non ci sono tante possibilità per i giovani. O vieni da una famiglia perbene e benestante, che ti fa studiare, oppure se hai i genitori assenti perché devono lavorare dalla mattina alla sera è difficile prendere strade che ti portino lontano. Io ho avuto il maestro Zurlo che ha sostituito i miei genitori. Sono entrata in palestra, è scattato l’amore per il pugilato. A 14 anni, con la Nazionale, mi sono trasferita ad Assisi».

NEL 2021, dopo il successo alle Olimpiadi di Tokyo, il coming out. Alla stampa ha raccontato: «L’ho detto a mia mamma quando avevo 15 anni. Ho fatto fatica perché nella mia famiglia non avevamo mai affrontato questo tipo di tematiche, mia madre è stata una roccia anche in quell’occasione. Nel mondo dello sport è una scelta rara. Sono stata la prima donna pugile italiana ad andare alle Olimpiadi, la prima medaglia olimpica: aveva senso fossi la prima pugile a fare coming out. E poi ci fu la questione del ddl Zan, l’applauso dei senatori quando non passò in Parlamento. Ho voluto espormi. Mi sarei sentita una codarda se non l’avessi fatto». Il successo di ieri la proietta verso le Olimpiadi di Parigi 2024: «Sono molto felice di questa medaglia e di questo titolo: sto lavorando così tanto da anni e anni, ho sacrificato tutta la mia adolescenza e la mia vita, però se questi sono i risultati vorrei farlo per altri vent’anni. Ora l’obiettivo è la qualificazione olimpica e sono ancora più motivata verso la meta».

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Sguardo di bimba tra boxe e riscattoQuella di Irma Testa non è stata l’unica medaglia per l’Italia: Sirine Chaarabi ha ottenuto l’argento mondiale nei 52 chilogrammi, battuta dalla cinese Yu Wu. «Un po’ di amaro in bocca perché mi aspettavo qualcosa in più in questa finale – il commento di Chaarabi dopo l’incontro -. Però complessivamente sono felice per come è andato questo Mondiale che abbiamo preparato per mesi: l’argento è il frutto di un lavoro di squadra e il mio obiettivo è non fermarmi più». Charaabi è un talento che l’Italia ha quasi sprecato: nata in Tunisia, a 18 mesi, nel 2001, ha raggiunto il padre in provincia di Caserta. Il maestro Giuseppe Perugino l’ha avviata alla boxe. A 14 anni in nazionale ma niente competizioni internazionali senza cittadinanza. Ha dovuto combattere e vincere sul ring, avviare una petizione, per avere nel 2021 il documento da un Paese che si ostina a non riconoscere la realtà della società italiana.