La continua battaglia settaria in Iraq è profondamente radicata nella storia dello stato moderno emerso dopo il collasso dell’impero ottomano. Il colonialismo britannico gettò i semi del problema quando, volontariamente o meno, ignorò la realtà etnica della nuova nazione che occupava dopo la guerra.

L’amministrazione britannica dell’Iraq punì sia gli arabi musulmani sciiti sia i curdi, perché entrambe le comunità si ribellarono contro il nuovo potere coloniale, e favorì i musulmani sunniti la cui élite politica, militare e burocratica era già un’eredità del governo ottomano a dominio sunnita.

STORICAMENTE lo stato iracheno rimase in mano sunnita per circa 80 anni durante i quali si cercò di limitare gli spazi politici e socio-economici di sciiti e curdi. Se i curdi fecero ricorso alla ribellione nelle loro enclavi montane per tentare di ottenere un’autonomia, gli sciiti – maggioranza della popolazione senza l’opzione di una secessione dall’Iraq – rimasero dentro il movimento nazionale iracheno. Si unirono a partiti nazionalisti o di sinistra e panarabi e accettarono lo status quo, probabilmente in attesa dell’opportunità di ribilanciare il sistema di potere a proprio favore.

Sciiti e curdi furono ulteriormente marginalizzati con l’avvento dell’ideologia panaraba a seguito di una serie di colpi di stato da parte di ufficiali sunniti che si conclusero con la presa del potere da parte di Saddam Hussein. Mentre i curdi proseguirono nella lotta armata, gli sciiti continuarono a portare il peso dell’isolamento politico e in alcuni casi della discriminazione. Quando dopo l’invasione a guida Usa del 2003 giunse l’opportunità di costruire un Iraq democratico e civile e una società fondata su eguali diritti per tutti i suoi cittadini a prescindere dalla loro etnia o religione, né i gruppi politici sciiti né quelli curdi la colsero. Al contrario spinsero per una miope agenda settaria.

A vent’anni dall’invasione non sappiamo ancora cosa avesse in mente George W. Bush e i politici che accettarono tutte le bugie sulle armi di distruzione di massa irachene e la retorica dell’esportazione della democrazia. Ma la lezione della guerra del Golfo del 1991 e le rivolte anti-Saddam di sciiti e curdi che ne seguirono avrebbe dovuto insegnare agli americani che il vaso di Pandora del settarismo avrebbe aperto all’inferno.

Molti esperti hanno avvisato funzionari e diplomatici statunitensi su quanto di terribile sarebbe accaduto se non avessero tenuto conto con intelligenza della realtà etnica del paese, per evitare gli errori dei britannici nel 1917. Ma l’amministrazione Bush voleva un cambio di regime e propose un nuovo sistema politico basato sul «consenso democratico», senza però lavorare davvero a un piano di stabilizzazione del paese minacciato da una lotta per il potere tra comunità per coprire il vuoto lasciato da Saddam.

IN UN PAESE che aveva vissuto a lungo sotto una brutale dittatura, il «consenso democratico» ha condotto solo a un sistema politico fragile manipolato da un’élite politica che si pose come leadership condivisa creando in realtà un devastante conflitto dopo l’altro.

Già prima dell’invasione, gli oppositori di Saddam stavano tentando di creare un sistema politico su base etnica e settaria. Guidati da un profondo senso di ingiustizia, commesso contro di loro dai precedenti regimi, spinsero sull’amministrazione Bush perché li ponesse a capo del paese. Volevano assicurarsi il controllo di tutte le autorità governative, comprese le forze armate, in quanto maggioranza della popolazione.

Seppur fosse vero, i gruppi politici sciiti puntavano a imporre la loro legge. I tentativi di imporre la volontà della maggioranza creò solo il potenziale per un’altra tirannia sulle minoranze, sunniti, turkmeni, cristiani. Questa dottrina del maggioritarismo da allora è stata continuamente abusata e ha danneggiato la democrazia e il principio della cittadinanza eguale.

IL NUOVO ORDINE politico creato dopo l’invasione si basa su una divisione in quote nella quale i gruppi sciiti si garantiscono la guida del governo e di tutte le istituzioni chiave. La struttura del sistema politico ha permesso così ai partiti sciiti di governare per vent’anni la burocrazia dello Stato, le forze di sicurezza, la magistratura e i media statali. E di controllare i settori economici e le risorse naturali, in particolare il petrolio, dando vita a uno stato clientelare che serve la loro agenda. I curdi, dall’altra parte, si sono focalizzati nell’auto-isolamento nella loro enclave settentrionale al fine di proteggere la propria autonomia e aspettare il crollo dell’Iraq e dunque l’indipendenza.

Il grande errore commesso dagli sciiti è stato cercare emancipazione politica per sé invece che per tutti gli iracheni. Come previsto il sistema politico settario ha dato vita a una divisione settaria feroce che impedisce l’evoluzione di una identità nazionale irachena. Il nuovo ordine ha fatto dei sunniti, che hanno dominato il paese per 80 anni, cittadini di serie B. La formulazione della questione del settarismo politico in Iraq è oggi evidente e il rischio di una inconcludenza sociale minaccia la fabbrica nazionale.