I registi iraniani ci credono. Secondo quanto riporta «Variety», diversi film attualmente in produzione vengono girati in due versioni: una con l’hijab e l’altra senza, anticipando un cambiamento rispetto alle regole in vigore nel Paese che evidentemente molti sentono nell’aria.

LO HA CONFERMATO anche Hana Makhmalbaf, giovane regista iraniana in esilio a Londra dal 2009, quando fu emanato un mandato di arresto per il suo film Green Days. Presentato a Venezia, era incentrato sulle proteste di quel periodo. La regista ha così seguito il percorso già intrapreso dal padre, Mohsen Makhmalbaf, autore dissidente i cui film sono vietati in patria. Hana ha dichiarato: «Ho sentito dire che tutti quelli che girano un film ne fanno due copie – una senza l’hijab e l’altra con l’hijab – perché credono così tanto nella rivoluzione che pensano che quando il loro film sarà finito, dopo la post-produzione, avranno bisogno della versione senza il velo». La regista registra quindi un grande ottimismo nella comunità cinematografica iraniana ma non solo, ha sostenuto infatti che le proteste sono più forti e decise di quelle avvenute negli ultimi anni: «Per ogni persona che uccidono, ne arrivano migliaia in più per le strade».
Il fatto che i registi stiano girando scene senza il velo è stato confermato anche da Kaveh Farnam, regista dell’Iranian Association of Independent Filmmakers, organizzazione autonoma nata il mese scorso per supportare le proteste. Raggruppa circa cinquanta registi, tra cui Shirin Neshat, Mostafa Azizi, Abdul Reza Kahani, Nima Sarvestani e Ali Abbasi. Farnam ha ricordato che, comunque, è molto pericoloso attualmente girare senza hijab: «Il ministero che controlla il cinema ha annunciato che punirà duramente chiunque dovesse essere scoperto».