«Se fosse per me racconterei la mia storia di figlia dell’eterologa a reti unificate. Se non lo faccio è solo per non creare nemmeno il minimo imbarazzo a mio padre, che non è quello biologico ma proprio per questo, ancora di più, lo ringrazio e lo amo». Clio, la chiameremo così, ha la voce cristallina e vibrante – dal leggero accento milanese – di una ragazza di 27 anni a cui la vita sorride. Colta, intelligente e di centrodestra. «Appena l’ho saputo, a 18 anni, lì per lì sono rimasta interdetta. Non capivo perché non me lo avessero detto prima. Ma poi, nel giro di poche ore, ho rivalutato tantissimo mio padre, che ha cresciuto con amore una figlia biologicamente non sua, ed entrambi i miei genitori che hanno fatto tutto questo per farmi nascere sopportando una situazione tanto complessa, lo stigma, i pregiudizi e tutto il resto». Quando Clio fu concepita la legge 40 non c’era e la fecondazione assistita eterologa non era fuori legge ma neanche regolamentata. Allora, come adesso, «c’è tanta ignoranza su questo tema».

Perciò mantiene il segreto?

Sono i miei genitori a voler mantenere la riservatezza, per questioni familiari. Forse hanno paura che i parenti sollevino problemi di eredità. Io non ho mai avuto alcuna difficoltà con le poche persone a cui l’ho raccontato: il mio fidanzato, qualche amica… Possono stupirsi perché è un fatto comunque curioso, ma poi vedono subito l’aspetto bello della storia, molto bello.

Ha mai avuto voglia di conoscere il suo padre biologico?

Sì, mi è venuto in mente, ma per pura curiosità. Non è una priorità e so che sarebbe difficile, se non impossibile. Ma soprattutto non voglio mettere mio padre “in competizione” con un’altra persona. Non voglio creare nemmeno il minimo malessere in mio padre.

È un po’ come scoprire di essere stati adottati?

No, mia madre lo è anche biologicamente, e io più che altro – essendo anche figlia unica – avrei la curiosità di conoscere i miei eventuali fratelli, non tanto il genitore.

Ha mai conosciuto persone nella sua stessa situazione?

Sì, un’avvocata. Ed è come me una donna normalissima, senza traumi né problemi psicologici. Guardi, io non bevo, non fumo, non ho tatuaggi né piercing… sono una ragazza ordinaria. D’altronde a 15 anni già scrivevo articoli su questi temi, anche se non sapevo nulla del mio concepimento sono sempre stata a favore dell’eterologa. Mi sono sempre interessata alla politica e pur essendo di centrodestra, da liberale mi sono sempre occupata di diritti civili. A 17 anni, sentivo in Tv il vescovo che spiegava come i figli dell’eterologa sarebbero diventati bambini problematici e già mi sembrava strano che certi cattolici fossero a favore della vita solo quando si parlava di aborto. Argomenti ideologici per non rispondere ai problemi reali delle persone. Ecco perché quando ho saputo come sono nata, non ho avuto nessun problema di accettazione.

 

Ma nel suo ambiente di centrodestra troverà qualche difficoltà in più a parlare di eterologa, o no?

In realtà non è un tema molto dibattuto e credo ci siano più pregiudizi sui matrimoni gay. Ma in fondo è facile trovare persone di centrodestra – soprattutto donne – favorevoli all’eterologa. Magari non lo dicono, ma quasi tutti conoscono qualcuno che ha seguito questa strada per avere un figlio. Solo che i diritti civili sono molto in basso nella scala delle priorità del centrodestra. E poi c’è il bisogno di contrapporsi alla sinistra moderata che ha sempre finto di occuparsi di questi temi ma poi non ha fatto mai nulla per i diritti individuali, basti pensare ai matrimoni gay…

Ma lei perché non si sente di sinistra?

Non voto a sinistra perché secondo me oggi in Italia è più importante declinare la libertà nel campo dell’economia. Se fossi negli Stati uniti voterei a sinistra.

Cosa chiederebbe in particolare a una legge che regolarizzasse l’eterologa senza proibirla?

Io chiedo di legalizzarla e magari istituirei un registro per i donatori che sono disposti a rinunciare all’anonimato. Potrebbe essere utile nel caso i genitori o i figli nati dall’eterologa un giorno volessero conoscere il genitore biologico. O anche in caso di necessità medica, per esempio per la donazione problematica di organi. Insomma, lascerei più libertà agli individui. Negli Usa per esempio funziona così. Perché noi dobbiamo essere diversi?