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Ivan Il’in
Alias Domenica

Invettive di un fautore dell’«idea bianca» salpato sul piroscafo dei filosofi: Ivan Il’in

Pagine russe «Sulla Russia»: tre discorsi, datati 1926, e un testo del 1950, da Aspis
Pubblicato più di un anno faEdizione del 2 aprile 2023

L’ultima occasione in cui il filosofo émigré Ivan Il’in è stato evocato a sostegno della politica neo-imperiale di Putin, ha coinciso, il settembre scorso, con l’annessione di alcune regioni ucraine alla Federazione Russa.

Al di là delle contingenze, l’opera di Ivan Il’in è interessante, in quanto riconducibile alla grande fioritura filosofico-religiosa del pensiero russo a cavallo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo: ne sono un saggio i tre discorsi contenuti in  Sulla Russia (datati 1926 e pubblicati nel 1934) e il testo del 1950  Cosa riserverà al mondo lo smembramento della Russia (traduzione di Tommaso Immanuel Dondi, a cura di Olga Strada e con un testo di Aldo Ferrari, Aspis edizioni, pp. 120, € 20,00).

Figura assai controversa, Il’in fu inizialmente vicino ai socialisti rivoluzionari del 1905, ma finì poi per opporsi tenacemente al bolscevismo pur rimanendo in Russia fino al 1922, quando  partì con uno dei famosi «piroscafi dei filosofi» su cui Lenin fece imbarcare per l’Europa occidentale una gran parte dei membri dell’intelligencija ostile al nuovo regime sovietico. Nel suo saggio introduttivo, Olga Strada ricostruisce il percorso biografico e ideologico di Il’in, il suo esilio in Germania (fino al 1938, quando fu costretto a lasciare il paese) e poi in Svizzera, dove giunse con l’aiuto del compositore Sergej Rachmaninov, il suo percorso filosofico, dall’hegelismo alla fenomenologia di Husserl e alla sociologia di Simmel. Approdò infine alla cosiddetta «idea bianca», un’ideologia fondata sui valori nazionali e patriottici riconducibili al revanscismo dell’emigrazione bianca e del suo più importante esponente, il generale Vrangel’.

L’idea neo-zarista, corroborata anche da convinzioni eurasiste, trovò nel pensiero di Il’in chiare consonanze con il fascismo mussoliniano, ma anche con il nazionalsocialismo hitleriano: i entrambi non condivideva in pieno le posizioni, e che tuttavia gli servivano in chiave anti-bolscevica. Nel 1938, essendosi rifiutato di sottoscrivere alcune dichiarazioni antisemite, sarebbe stato costretto a lasciare la Germania.

Nei Tre discorsi letti a Sofia in occasione della giornata puškiniana della cultura del 1926 Il’in si concentra sul rapporto tra la natura della Russia, la sua vastità e il nesso organico tra libertà e disciplina, principio fondamentale dell’Idea bianca. Cui aggiunge la specifica spiritualità russa, evidenziandone le discendenze dalla tradizione ortodossa, e concentrandosi sulla  lingua come elemento nel quale «è racchiusa tutta la melodiosa anima russa», indispensabile a comunicare agli stranieri l’entità spirituale, culturale, comportamentale e politica di un paese la cui anima è continuamente minata dalla trivialità del quotidiano.

Alla luce degli eventi bellici degli ultimi tempi, è interessante il saggio, datato 1950, in cui Il’in parte dall’assunto che la Russia sia «un organismo vivo, storicamente cresciuto e culturalmente legittimato, non soggetto a smembramenti arbitrari». Dopo il crollo del sistema sovietico, profetizza,  il paese sarà soggetto a «lotte intestine, contese e guerre civili senza fine, che sfoceranno costantemente in conflitti mondiali». Una situazione irreversibile a causa dell’azione delle potenze europee, asiatiche e nordamericane, interessate ad allargare i propri profitti economici e rafforzare le proprie posizioni strategiche, il cui esito sarebbe una «balcanizzazione» della Russia con continui interventi esterni che faranno del paese «la piaga insanabile del mondo».

Il’in si chiede inoltre perché solo nei confronti della Russia sia lecito sostenere movimenti indipendentisti per ogni etnia, mentre in Europa non avviene altrettanto per valloni, gallesi, catalani, baschi, e altri. La Russia zarista, sostiene Il’in, diversamente dalla Germania, e anche dai bolscevichi, non sarebbe mai stata interessata a denazionalizzare le proprie minoranze etniche.

Sono molti i passi che sembrano pronosticare situazioni divenute di attualità: «E ora i “buoni vicini” – scrive – metteranno di nuovo in moto ogni tipo di azione interventista: minacce diplomatiche, occupazione militare, sequestro di materie prime, appropriazione di “concessioni”, saccheggio di forniture militari, corruzione individuale e di massa, organizzazione di bande separatiste mercenarie (chiamate “eserciti nazionali-federali”), formazione di governi fantoccio, creazione di focolai e intensificarsi di conflitti civili sul modello cinese. Mentre la nuova Lega delle Nazioni cercherà di stabilire un “nuovo ordine” per mezzo di risoluzioni dietro le quinte (a Parigi, Berlino o Ginevra) volte a sopprimere e smantellare la Russia Nazionale». Al netto di  una buona dose di retorica cospirazionista, sono considerazioni interessanti per  riflettere su certi passaggi del pensiero politico ufficiale della Russia odierna.

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