Nell’ingorgo dei decreti che il parlamento deve approvare prima della pausa estiva, si moltiplicano i litigi tra le forze di centrodestra. Il braccio di ferro Lega-Fratelli d’Italia è ormai all’ordine del giorno e solo ieri ha riguardato più fronti, dalla maternità surrogata alle concessioni balneari, facendo rischiare la maggioranza di andare sotto. Ma i malumori arrivano anche da Forza Italia. Sulla maternità surrogata, il Carroccio aveva presentato un emendamento ancora più punitivo rispetto al ddl di FdI, proponendo la reclusione da 4 a 10 anni e multe dai 600 mila ai 2 milioni di euro per le coppie che vanno all’estero per avere figli con gestazione altrui. Il governo aveva dato parere contrario e nella seconda commissione del Senato, che sta esaminando il testo già approvato alla Camera, le votazioni sono state rinviate. «Eravamo in dichiarazione di voto, ma la maggioranza rischiava di andare sotto perché divisa, e così ha evitato il peggio», hanno riferito i senatori del Pd.

Sulle concessioni balneari, la Lega ha ripresentato nel dl Agricoltura lo stesso emendamento che era stata costretta a ritirare dal dl Coesione. Il Quirinale aveva sottolineato l’inopportunità di infilare norme non pertinenti col tema principale dei decreti, ma il monito è rimasto inascoltato. La proposta leghista prevede che, in vista delle gare da concludere entro il 31 dicembre, si completi la mappatura del demanio marittimo e si garantiscano ai concessionari uscenti il diritto di prelazione e il riconoscimento di un indennizzo economico a carico dei subentranti. Anche in questo caso il governo si è detto contrario e dopo una lunga trattativa, l’emendamento è stato dichiarato inammissibile. La testa d’ariete delle operazioni leghiste è il capogruppo Massimiliano Romeo, primo firmatario di entrambi gli emendamenti. Sulla maternità surrogata la Lega vuole collocarsi più a destra di FdI, nel tentativo di recuperare consenso tra le frange più estremiste; mentre sulle concessioni balneari sta cercando di far emergere l’inerzia e l’incoerenza della premier. Quando era all’opposizione, Meloni tuonava contro la legge sulla concorrenza del governo Draghi, che ha introdotto le gare delle concessioni; mentre ora che è a Palazzo Chigi, non ha fatto nulla per mantenere la promessa di «salvare» i balneari.

Alcuni comuni hanno già riassegnato i titoli e tutti gli altri stanno preparando i bandi nella totale anarchia di regole, poiché il governo non ha mai approvato il decreto attuativo previsto da Draghi per introdurre dei criteri nazionali sulle procedure selettive. Per la Lega, la proposta di introdurre gli indennizzi è un modo per non rinnegare le gare – che ha accettato approvando la legge sulla concorrenza – e al contempo per dare un paracadute ai balneari, che si sentono traditi dalla premier.
Anche sul ddl sicurezza non sono mancate le tensioni. In polemica col resto della maggioranza, Forza Italia si è rifiutata di partecipare alle votazioni sugli emendamenti all’articolo 12, che elimina l’obbligo dell’esecuzione carceraria per le donne incinte o madri di un figlio con meno di un anno. Con una maggioranza così bizzosa e i tanti provvedimenti da varare prima della pausa estiva, è indubbio che gli scontri continueranno.

Ad oggi sono 8 i decreti da approvare entro l’inizio di agosto, pena la decadenza, ma le sedute utili dell’aula restano poche. Per accelerare i tempi ed evitare altri litigi, ieri il governo ha posto la fiducia sul decreto Coesione, passato alla Camera con 190 voti favorevoli e 124 contrari. Sì definitivo ieri al Senato sui sindacati delle forze armate. Rimangono da convertire in legge i decreti su agricoltura, protezione civile e G7, liste d’attesa nel sistema sanitario, piano casa, infrastrutture, sport e maternità surrogata. Quasi tutti provvedimenti spot che il governo ha licenziato uno dopo l’altro, bramoso di mostrarsi efficiente sui suoi cavalli di battaglia. Ma visto l’ingorgo creato in parlamento, il rischio è che si vada avanti a colpi di fiducia.