A tre mesi dalle cruciali elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale in Venezuela, fissate per il 6 dicembre, il governo Maduro prova ad accelerare sulla via del dialogo e della riconciliazione. Dopo l’annuncio di misure dirette a promuovere un processo di reincontro e di partecipazione «per la pace e la democrazia», il presidente ha concesso lunedì l’indulto a 110 oppositori, tra cui 23 deputati e quattro supplenti.

Nella lista compaiono figure della destra radicale come il braccio destro di Guaidó, Roberto Marrero, uno dei primi a essere liberato; il dirigente del movimento estremista Voluntad Popular, Freddy Guevara, tra i massimi responsabili delle violente guarimbas del 2017; il deputato Freddy Superlano, di cui si ricorda la notte di eccessi a Cúcuta nel 2019, trascorsa da lui e dal suo assistente Carlos José Salinas (poi deceduto in seguito a un’intossicazione da scopolamina) in compagnia di due prostitute, che poi li avevano derubati di 250mila dollari in contanti.

Non compare invece nella lista Leopoldo López, il mentore di Guaidó, protagonista indiscusso prima della campagna nota come «la salida», il tentativo di rovesciare Maduro che nel 2014 ha provocato 43 morti e oltre 850 feriti, e poi del tentato golpe del 30 aprile 2019, dopo il quale López si è rifugiato nella residenza dell’ambasciatore spagnolo (in cui si trova tuttora).

Contro la mossa di Maduro si è scagliato, com’era prevedibile, il leader dell’opposizione Juan Guaidó, che ha definito l’indulto «merce di scambio» per «legittimare la farsa» delle elezioni parlamentari. Ma mai come ora l’autoproclamato presidente ad interim dà l’impressione di annaspare, non riuscendo più nemmeno a unificare attorno a sé la parte più radicale dell’opposizione, dopo aver già perso da tempo quella moderata.

Così, mentre la rettora principale del Consejo Nacional Electoral Tania D’Amelio ha reso noto che alle elezioni del 6 dicembre prenderanno parte 107 organizzazioni politiche, di cui 30 a carattere nazionale, il tentativo di Guaidó di costruire un grande patto unitario tra i leader dell’opposizione per disertare le parlamentari e «salvare il Venezuela» – attraverso un’imprecisata «agenda di lotta e di mobilitazione» – sta facendo acqua da tutte le parti.

Dopo il clamoroso no dell’estremista María Corina Machado che, rinfacciandogli di aver fallito su tutta la linea, punta direttamente all’intervento straniero, e quello della governatrice di Táchira Laidy Gómez, contraria alla decisione di disertare il voto, si attende con ansia la decisione del due volte candidato presidenziale Henrique Capriles, che starebbe valutando la possibilità di partecipare anche lui alle parlamentari. «Governare su internet? Ma per favore! – ha esclamato l’ex governatore dello Stato di Miranda – Dobbiamo rimettere i piedi per terra e smettere di alimentare fantasie».

Come la finzione del governo parallelo imposta dagli Usa e dai loro alleati, con tutto ciò che comporta: la rinuncia alla partecipazione elettorale, con conseguente opzione per una strategia golpista, e il sostegno all’embargo economico, ancora più impopolare in tempi di pandemia (con gli oltre 46mila casi e 386 morti registrati finora nel paese).

Non sorprende così che anche nel cosiddetto G4 (Voluntad Popular, Primero Justicia, Acción Democrática e Un Nuevo Tiempo), che pure ha optato ufficialmente per il boicottaggio elettorale, le crepe non manchino, come indica per esempio la scelta anti-astensionista di Bernabé Gutiérrez, a capo di un settore di Acción Democrática.