India, assi a geometria variabile ma la Russia è in prima fila
Da che parte starà nello schieramento globale l’India di Narendra Modi nel terzo mandato affidato al leader ultranazionalista? Non è un mistero l’orientamento di Modi verso i Paesi musulmani, con cui è ai ferri corti per come tratta la minoranza islamica del suo Paese, né è un mistero la sua ferra postura anticinese, reiterata con guerre commerciali e scontri sulle frontiere contese. Ma l’India di Modi è anche una nazione che è difficile attribuire a quello o a questo schieramento. I suoi rapporti con gli Stati Uniti sono ottimi e persino con Giorgia Meloni il premier indiano ha steso il tappeto rosso mostrando cosa pensa dell’esponente della destra italiana. Ci sono però almeno due elementi di disturbo a dimostrare che l’agenda di Modi non è poi così lineare.
IL PRIMO PUNTO riguarda la guerra, a cominciare dall’Ucraina. Modi si è ben guardato dal prendere una posizione decisa sull’invasione. E negli ultimi dieci mesi le importazioni di petrolio russo in India sono salite al massimo “poiché – spiega The Indian Express – il basso utilizzo delle raffinerie russe a causa degli attacchi dei droni ucraini ha reso disponibile una maggiore quantità di petrolio per l’esportazione”. Mosca ha rappresentato quasi il 41% del totale di 4,79 milioni di barili al giorno di petrolio greggio importato in India in maggio. Ma non è una cosa di ieri. Delhi ha sempre utilizzato petrolio russo tanto che nel 2023 quella percentuale era arrivata al 46%. E non è solo questione di soldi perché importarlo significa anche non mettere sanzioni. E a quanto finora si sa, benché l’India siederà alla Conferenza sull’Ucraina di Lucerna in giugno, non sembra che Modi abbia intenzione di andarci di persona.
Del resto, fin dalla risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu del 2 marzo 2022 che deplorava l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di cui chiedeva il ritiro delle truppe e del riconoscimento di Donetsk e Luhansk, l’India si era astenuta con altri 35 Paesi (141 a favore, 5 contrari). Anche dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014, Delhi si era astenuta su una risoluzione di condanna. E nel novembre 2020, l’India con altri 22 Paesi aveva votato contro una risoluzione sponsorizzata da Kiev che condannava presunte violazioni dei diritti umani da parte di Mosca in Crimea.
Poi c’è il fronte birmano, dove la resistenza ai golpisti che hanno deposto Aung San Suu Kyi sta mettendo a dura prova la giunta al potere. Se la Cina, che fin dall’inizio aveva tenuto buoni rapporti con la giunta, adesso sta cambiando sempre più posizione, facendo accordi con i vari segmenti della giunta birmana, la Russia è senza dubbio il pilastro internazionale maggiore per i golpisti. Ma Nuova Delhi viene subito dopo: secondo un rapporto dell’Onu del 2023, da quando la giunta ha preso il potere in Myanmar nel 2021, le aziende della “più popolosa democrazia del mondo” hanno contribuito con oltre 50 milioni di dollari in armi, materie prime e forniture all’esercito birmano o ai trafficanti di armi che trattano con Naypyidaw. Tra i fornitori figurano Bharat Dynamics, Bharat Electronics e Yantra India. Che sono statali.
IL SECONDO NODO riguarda strettamente l’economia. L’India è infatti uno dei Paesi che hanno fondato nel 2009 i Bric, acronimo che raccoglieva alcune delle economie mondiali emergenti: Brasile, Russia, India e Cina, poi Brics con l’aggiunta del Sudafrica, ora hanno aderito anche Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi. Benché l’idea di sostituire il dollaro come moneta di scambio non abbia per ora fatto molta strada, la quantità di Paesi in lista d’attesa per entrare costituisce evidentemente una minaccia per gli Stati Uniti. Sia per il dollaro sia per l’alleanza de facto di tre dei maggiori colossi mondiali.
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