La regione africana dei Grandi Laghi è sull’orlo di quella che potrebbe diventare la terza guerra del Congo. Da un anno nelle regioni orientali della Repubblica democratica del Congo (Rdc) è ricominciata l’avanzata del gruppo armato M23 sostenuto, anche secondo gli osservatori dell’Onu, dal governo del Ruanda. I guerriglieri hanno conquistato diverse posizioni, saccheggiando villaggi e uccidendo centinaia di civili. Da quello che era un accordo di cessate il fuoco raggiunto a Luanda nel febbraio di quest’anno, si è passati, dall’inizio di ottobre, a una rinnovata offensiva dell’M23.

Anche le incursioni delle Adf, milizia islamica ugandese legata all’Isis, sono sempre più frequenti in territorio congolese. Ultima quella di martedì scorso, dove sono stati trucidati 26 civili.

A questi gruppi armati si aggiungono più di un centinaio di formazioni paramilitari che operano all’interno dei confini della Rdc: alcuni a sostegno dell’esercito congolese, altri a sostegno di interessi nello sfruttamento illegale delle riserve minerarie. Come se non bastasse sul campo sono stati schierati contingenti di diversi paesi facenti parte dell’Eastern African Community (Eac), come Burundi, Uganda, Kenya e Sud Sudan. Contingenti che potrebbero abbandonare il paese nei prossimi mesi, lasciando spazio alle forze della Southern Africa Development Community (Sadc), organismo intergovernativo che riunisce 16 paesi di cui il più importante è il Sudafrica, data l’insoddisfazione del governo di Kinshasa per il lavoro svolto dagli alleati orientali.

Torna a salire anche la tensione tra Rdc e Ruanda. Kinshasa accusa Kigali di sostenere il gruppo M23 e la sua avanzata. Kigali da parte sua risponde negando l’appoggio al movimento ribelle e rilancia accusando Kinshasa di sostenere le Forze di liberazione del Ruanda (Fdlr), formazione paramilitare formata da combattenti hutu fuggiti dal Ruanda dopo il genocidio del 1994.
Dalle accuse reciproche però si è passati a diverse schermaglie sul confine, l’ultima delle quali risale a martedì scorso, quando il portavoce del governo di Kinshasa, Patrick Muyaya, ha pubblicato delle immagini riprese da un drone in cui si vedono soldati marciare a suo dire dentro i confini della Rdc: «È l’ennesima incursione di soldati ruandesi in territorio congolese» ha dichiarato Muyaya. Il governo di Kigali ha subito negato.

Nella seduta di martedì del Consiglio di sicurezza dell’Onu Huang Xia, inviato speciale del segretario generale delle Nazioni unite per la regione dei Grandi Laghi, ha espresso le sue preoccupazioni riguardo l’allarmante escalation tra i due paesi. Che continuano, ha detto Huang, «a rinforzare le proprie posizioni al confine, con totale assenza di dialogo politico e continui scambi di accuse reciproche».

Posizione sostenuta anche dal delegato francese che chiede un dialogo costruttivo che rispetti «i principi cardine come l’assenza di supporto a gruppi armati, il rispetto delle sovranità nazionali e dei confini degli stati vicini».

La situazione sul campo peggiora di giorno in giorno, e la massiccia presenza di gruppi armati e di contingenti di truppe regolari provenienti dai paesi vicini, rende la regione orientale della Rdc una delle zone con la più alta densità di armi al mondo.
A pagarne le conseguenze sono milioni di civili che vengono presi di mira da tutti gli schieramenti sul campo. Dal primo di ottobre ad oggi, secondo l’Ufficio per il coordinamento per gli affari umanitari dell’Onu (Ocha), sono 200.000 le persone che sono scappate dalle proprie case: civili che si aggiungono ai 5.6 milioni di sfollati interni della Rdc. «La situazione peggiora sempre di più, entrambi gli schieramenti stanno usando armi pesanti. Siamo costretti a scappare per sopravvivere» ha dichiarato un cittadino della regione a Africanews.