Il suo ruolo alla guida del Front National non è durato che poche ore. Il tempo di suscitare un tale scandalo da rischiare di compromettere l’operazione anti-demonizzazione intrapresa da Marine Le Pen e proiettare un’ombra inquietante sull’ultima settimana di campagna elettorale.

Nel giorno in cui Emmanuel Macron visita il villaggio martire di Oradour-sur-Glane, dove nel giugno del 1944 gli uomini della divisione Das Reich delle Ss trucidarono oltre 642 persone, l’estrema destra e la sua candidata sono costretti a fare i conti con il loro ingombrante passato.

Inaugurando l’ultimo tratto della sua corsa all’Eliseo, Marine Le Pen aveva annunciato a inizio settimana di voler rinunciare alla presidenza del partito affidandola ad interim ad un altro esponente del Fn, per potersi presentare agli elettori come «la candidata di tutti i francesi» e cercare di vincere così le resistenze di quanti continuano a considerare il Fn come «estraneo ai valori della République».

Il problema è che per sostituire la figlia del fondatore del Fn, è stato scelto Jean-François Jalkh, un avvocato sessantenne, pressoché sconosciuto al grande pubblico ma che dopo aver aderito al partito di estrema destra già nel 1974 ne è stato a lungo uno dei principali dirigenti, oltre che uno stretto collaboratore di Jean-Marie Le Pen, noto per le sue sortite antisemite e nostalgiche.

Già consigliere regionale e deputato nazionale, Jalkh è sbarcato a Bruxelles nel 2014 e proprio in qualità di parlamentare europeo risulta tra gli indagati, insieme alla stessa Le Pen, per la truffa operata dal Fn ai danni delle istituzioni comunitarie su cui sta indagando la magistratura.

A costare rapidamente «il posto» a Jean-François Jalkh non sono stati però questi scandali recenti, quanto piuttosto alcune sue dichiarazioni negazioniste pronunciate alcuni anni fa. Intervistato nel 2000 da una rivista universitaria, ma l’interessato smentisce ed annuncia querele, avrebbe lodato «la serietà e il rigore di Robert Faurisson», uno dei capofila del circuito dei negatori della Shoah, ed espresso la sua convinzione che «dal punto di vista tecnico sia stato impossibile utilizzare lo Zyklon B. per uno sterminio». E non è tutto. Spulciando nei loro archivi, i giornalisti di Le Monde, hanno infatti ritrovato anche la cronaca di una commemorazione del Maresciallo Pétain, che fu alla testa del regime collaborazionista di Vichy, che nel 1991 aveva riunito i vertici del Fn, tra cui lo stesso Jalkh e Jean-Marie Le Pen oltre a un centinaio di altri estremisti di destra nella chiesa parigina di Saint-Nicolas du Chardonnet, occupata dal 1977 dai tradizionalisti seguaci di Monsignor Lefebvre.

Di fronte allo scandalo suscitato dal riemergere di queste vicende, la direzione del Front National ha annunciato di aver sostituto Jean-François Jalkh con un altro deputato europeo del partito, nonché sindaco di Hénin-Beaumont, il feudo elettorale di Marine Le Pen nella ex zona mineraria del Pas de Calais, Steve Briois. 45 anni, figlio di minatori iscritti al sindacato Cgt, vicino ai comunisti, un passato di rappresentante di commercio, Brios incarna appieno la nuova leva frontista. Eppure, neppure la sua nomina sembra destinata a placare le polemiche.

La Licra, la Lega contro il razzismo e l’antisemitismo, che lo ha denunciato per istigazione all’odio razziale ha fatto sapere che il presidente pro tempore del Fn sarà processato prossimamente a Parigi per aver diffuso lo scorso novembre un tweet in cui sosteneva che «la ripartizione dei migranti (decisa dalla Ue) ha avuto per conseguenza l’esplosione delle aggressioni sessuali in Germania, Svezia e Austria».

Lapidari i commenti degli analisti. Se un’editoriale apparso su Le Monde a proposito di queste vicende parla delle liaisons dangereuses di Marine Le Pen che rivelano infine quanto il suo partito sia cambiato solo in superficie, nella newsletter quotidiana del Crif, l’organismo che riunisce la comunità ebraica transalpina, la sostituzione di Jalkh con Brios suscita un solo inquietante interrogativo: «La peste o il colera?».