Nel massimo campionato i nemici si accomodano in panchina. Entro poche ore Antonio Conte sarà ufficialmente il nuovo allenatore dell’Inter, solo il primo atto di una controversa sceneggiatura sulla curiosa destinazione dei tecnici delle big per la prossima stagione. Rino Gattuso che rinuncia a due anni di stipendio con le dimissioni al Milan in cambio del pagamento dei suoi collaboratori da parte dei rossoneri fino al 2021, è stato solo un Gronchi rosa: tutti sono pronti a lavorare per il nemico «sportivo». Questione di opportunità sicuramente, carriera, se vogliamo la cifra del professionismo che impone spesso scelte sofferte. ù

OLTRE a Conte, leggenda juventina, architetto del nuovo corso post Calciopoli che ha portato i bianconeri al dominio in Italia da quasi un decennio e ora sulla sponda interista per sfilare lo scudetto dal patrimonio immobiliare della Juventus tra i dubbi della tifoseria interista che tollera assai poco ogni arrivo dalla Vecchia Signora, c’è la questione Maurizio Sarri, pare a momenti destinato a sostituire il «licenziato» Allegri sulla panchina dei campioni di Italia. Anche se resiste l’opzione Guardiola, sostenuta da influenti marchi che gravitano intorno alla vecchia signora oppure Pochettino, il mago del Tottenham che domani si gioca la Champions League con il Liverpool a Madrid.

E COSÌ Sarri, l’uomo nato a Bagnoli, quartiere napoletano dell’acciaio, vissuto 50 anni a Firenze, in perenne connessione sentimentale con Napoli e il Napoli anche al Chelsea ora prende la strada della Juve, la nemesi del tifo partenopeo, già segnato qualche stagione fa dall’arrivo di Higuain in bianconero. Il Comandante che, poche ore dopo aver centrato il primo trofeo in carriera, l’Europa League con i Blues, sparge un po’ di guacamole sulla traccia tra Torino e Napoli dedicando il successo ai napoletani ma aprendosi il varco verso la squadra simbolo del potere, nonostante l’accorato appello dei napoletani a cambiare percorso, magari tornare in Italia al Milan o alla Roma. E invece. Ma Sarri nella furiosa centrifuga dei tecnici appare in buona compagnia.

ALLA ROMA FERITA e guerrafondaia e ora avvolta dalla nube della presunta imboscata – raccontata ieri da Repubblica – ordita da Daniele De Rossi e altri veterani dello spogliatoio ai danni di Di Francesco, l’ex direttore sportivo Monchi e soprattutto Francesco Totti, potrebbe servire la forza mentale e il rigido protocollo imposto ai suoi calciatori da Sinisa Mihajlovic, in uscita da Bologna. Con l’ex serbo, arrivato in Italia dopo poco il via agli anni Novanta proprio alla Roma, che negli anni è divenuto un simbolo del tifo laziale, eterno promesso sposo alla panca del club di Lotito e ora invece a un passo dagli odiati cugini. Mentre al Milan potrebbe finire Simone Inzaghi, sulla panca poche stagioni dopo il siluramento del fratello Pippo. L’avamposto dei tecnici fedeli alla linea è al momento è esiguo, partendo da Giampiero Gasperini che resta a Bergamo, convinto dall’Atalanta con rinnovo, adeguamento economico e l’opportunità di regalarsi il sogno Champions League, conquistato con il terzo posto in campionato.