25 anni. Da scontare in una colonia penale. È il verdetto che ieri in Russia si è abbattuto sul giornalista e politico dissidente Vladimir Kara-Murza, in carcere dall’aprile 2022 con l’accusa di aver diffuso false informazioni sull’esercito e di essere un “agente straniero” al soldo di organizzazioni (divenute nel frattempo) illegali. È la prima vittima del reato di “tradimento” aggiornato con le ultime strette. Solo per aver criticato – commentava ieri l’Alto commissario Onu per i diritti umani Volker Turk – «l’aggressione russa all’Ucraina».

A Strasburgo la presidente del parlamento europeo Roberta Metsola in apertura di seduta è tornata da parte sua a chiedere la liberazione del principale tra gli oppositori di Putin in carcere, Aleksej Navalnyj, e del giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich.

E mentre Evgenij Prigozhin pubblica su Telegram proclami e analisi della «lunga battaglia» per il controllo di Bakhmut, che a suo dire più è lunga e più finirà per favorire le forze russe, ha destato vasto clamore e orrore il racconto consegnato al portale gulagu.net da due ex suoi miliziani che lo accusano di aver ordinato personalmente l’esecuzione sommaria di una ventina di civili inermi, inclusi minori.