Lunedì Paolo Finzi ha scelto di morire. Milanese, sessantanove anni, direttore – anche se lui preferiva definirsi semplicemente redattore – di A- Rivista Anarchica, la prima testata «in ordine alfabetico» d’Italia, lascia la moglie Aurora e i figli Elio e Alba.

Figlio di Matilde Bassani, ferrarese, socialista, fu arrestata dai fascisti nel 1942 perché appartenente al soccorso rosso, Finzi è divenuto un militante anarchico a 17 anni, nel 1968, e insieme a Giuseppe Pinelli e ad altri fondò lo storico circolo Ponte della Ghisolfa a Milano. La sera del 12 dicembre 1969 venne arrestato dalla polizia nell’ambito delle indagini sulla strage di Piazza Fontana, evento a cui, lui e tutti i militanti del Ponte, poi sarebbero risultati del tutto estranei, malgrado una campagna politica e mediatica violentissima contro di loro. Nel 1971 nacque A-Rivista Anarchica, ancora oggi punto di riferimento dei libertari italiani, luogo di spunti, riflessioni e confronti che mese dopo mese continua a uscire, impermeabile alle mode e ai capricci del tempo, una barricata di carta che Paolo gestiva con maestria e grande delicatezza. «Maestro di anarchia, di etica, di dialogo e di confronto – così lo ricorda la sua redazione -, uomo brillante, intelligente, sensibile e gentile. Ci ha insegnato il dubbio e la riflessione, l’ascolto e il rispetto profondo e sincero. Continueremo a navigare in direzione ostinata e contraria, portando avanti un progetto che era la sua casa e la sua vita, nel solco del suo impegno e dei suoi ideali di giustizia e libertà. Faremo tesoro dei suoi insegnamenti. Sarà con noi per sempre».

Tra le opere di Finzi, da segnalare il dossier «Signora libertà, signorina anarchia» su Fabrizio De André (suo amico personale), il cd «Ed avevamo gli occhi troppo belli» (con Dori Ghezzi e don Andrea Gallo), il dvd «A forza di essere vento – Lo sterminio nazista degli zingari», oltre a delle preziose monografie sugli anarchici Errico Malatesta e Alfonso Failla.

Da ricordare anche il suo impegno negli anni ’80, dopo la liberazione di Pietro Valpreda, ingiustamente accusato della strage del 1969. Con lui, per anni, ha girato in lungo e in largo l’Italia in un tour di conferenze. Instancabile, tra l’organizzazione di un numero di A e l’altro, continuava a partecipare a iniziative in tutto il Paese. La sua ultima pubblicazione risale all’anno scorso ed è dedicata ancora a De Andrè: «Che non ci sono poteri buoni».