Morena e il progetto politico di Andrés Manuel López Obrador vincono la giornata di voto di domenica 6 giugno ma non convincono fino in fondo. A differenza di 3 anni fa il partito fondato da Amlo resta il più votato, ma perde la maggioranza alla Camera che nel 2018 deteneva con 253 deputati e deputate. A scrutinio ancora in corso sarà solo grazie alla coalizione con il PT e il Partito Verde del Messico (che 3 anni fa si coalizzò con il PRI) se Amlo avrà ancora la maggioranza nel secondo ramo del parlamento, ma sicuramente nemmeno con la coalizione avrà la maggioranza qualificata che era il vero obiettivo del presidente.

Dall’altra parte non ridono certamente i 3 partiti tradizionali (PRI, PAN e PRD) costretti a un’insolita e antistorica coalizione tra di loro per non capitolare nuovamente. Se allarghiamo lo sguardo al fronte dei governatori, su 15 stati in disputa 9 vanno alla coalizione di maggioranza, 3 alle opposizioni e i 3 restanti hanno margini troppo stretti per poter ad ora decretare un vincitore.

Tra questi il Michoacan dove ben in 8 comuni le popolazioni locali non hanno fatto realizzare le elezioni decidendo di installare forme di auto-governo di stampo indigenista. A votare è stato poco più del 50% della popolazione, un dato ben al di sotto di quello di 3 anni fa che però era legato al voto per le elezioni presidenziali. Il calo dei votanti é per lo più un segnale della perdita di consensi del presidente, con Morena che con i risultati attuali perderebbe, soggettivamente, oltre il 15% delle preferenze. Secondo Clara Ferri, attivista femminista, «i risultati elettorali dimostrano da un lato un crescente consenso verso il progetto politico del presidente (quarta trasformazione), ma nel contempo anche una forte critica alla gestione morenista, soprattutto a Città del Messico, bastione del partito di centrosinistra».

È chiaro che hanno avuto un certo peso la campagna mediatica contro il governo di Amlo così come i finanziamenti anche dall’estero (Usa) dell’opposizione. Indubbiamente certe contraddizioni di fondo della 4T hanno fatto perdere molti consensi a López Obrador: l’ammiccamento all’imprenditoria privata, lo sviluppo di megaprogetti (come il Tren Maya, il Corredor Interoceanico, la Raffineria di Dos Bocas e l’aeroporto di Santa Lucía), il consolidamento e rafforzamento dell’esercito e della marina, alcune riforme istituzionali volte a realizzare un cambiamento di fondo del sistema giudiziario”.

Nella capitale il partito del presidente perde quattro municipi rispetto al 2018, e ne governerà sette, le opposizioni invece ben nove. Clara Ferri dice «per quanto riguarda il risultato a Città del Messico, il fatto che la parte occidentale della città (dove vive la classe media) abbia votato a favore dell’alleanza di partiti del centrodestra si deve probabilmente anche all’incidente della metropolitana di Tlahuac del mese scorso, ma penso più alla cattiva gestione di alcune municipalità da parte dei presidenti morenisti».