Nonostante in Italia assuma subito un significato da controllo del traffico non c’è dubbio che la definizione “onda verde” sia senza dubbio la più appropriata per descrivere la crescente presa di coscienza che gli sconvolgimenti del clima non saranno un problema lontano bensì una possibile catastrofe o una opportunità qui e adesso.

Dall’estate rovente e instabile, ai rapporti sempre più circostanziati, concreti e comprensibili di migliaia di scienziati, ai successi dei Partiti verdi in varie parti di Europa che si sono fatti trovare pronti con proposte, organizzazione e leader adeguati, al rilievo mediatico dello sciopero del clima della durissima e incrollabile Greta (che dubito avrebbe avuto la stessa eco se fosse stata di Messina o Madrid invece che svedese), alla delusione del topolino partorito in mondovisione dalla Cop di Katowice, all’opera di decine di insegnanti e studenti che hanno trovato nello sciopero climatico un modo molto concreto per trovare una espressione collettiva di un’inquietudine spesso individuale: è evidente che il tema dei cambiamenti climatici e di come fermarli dilaga.

Nel corso di tre settimane gli studenti che si sono attivati in Belgio per lo sciopero del clima sono passati da 3.000 a 35.000 solo a Bruxelles e sono i volti sorridenti di due ragazze, una francofona e una fiamminga che rappresentano con parole chiare e sagge, ma senza semplificazioni banali, il senso della
Mobilitazione che è quella di trasmettere il senso dell’estrema urgenza dell’azione.

Se perfino in Italia sembra che una coscienza su questi temi potrebbe crescere, non significa che siamo già sulla buona strada per affrontarli in modo vincente. Anzi. Il passaggio dalla coscienza all’azione è complicato e suppone una mobilitazione di tutti i settori della società. La mobilitazione spontanea e sistematica degli studenti e dei cittadini è indispensabile certo.

Anche perché non è, ripeto, una pura protesta. Si riempie di contenuti, di parole d’ordine, di storie, di iniziative diffuse e diverse. Di ragazzi e ragazze che studiano e approfondiscono un tema complicato. Ma non basta.

Ci vogliono la sensibilità dei media di dare spazio a questi temi, preparazione e capacità di analisi su fatti e dati degli scienziati e delle ong, ci vogliono soluzioni tecnologiche e la creazione di nuovi prodotti, nuovi mercati e nuovi lavori delle imprese, la capacità della politica e delle istituzioni, ma anche di sindacati e forze sociali, di lasciarsi alle spalle favori e miliardi per imporre una transizione giusta che protegga i più deboli; evidentemente non ci siamo ancora.

Se oggi il candidato Pd Zingaretti non trova lo spazio di citare i cambiamenti climatici fra i punti chiave da discutere con Conte; se ancora Calenda dice pubblicamente che il gas non inquina e un personaggio alla moda come Bentivogli dice che la mobilità elettrica non va bene perché ci ritroveremmo a comprare auto straniere sottovalutando l’eccellenza italiana in bici scooter e bus elettrici e soprattutto pretendendo di fermare il tempo, capiamo che in Italia studenti e ambientalisti hanno un compito più difficile che altrove.

È un compito immane. Ma Una sfida bellissima. Che ci coinvolge tutti e tutte, quando spegniamo la luce ma anche quando consumiamo, ci muoviamo o votiamo. Una sfida che si può ancora vincere. Per poco.

* co-presidente del Partito Verde Europeo