Dalle strade delle città francesi al palazzo dell’Assemblée Nationale, la mobilitazione per la Palestina in Francia sta conoscendo un’accelerazione senza precedenti in questi giorni, a seguito del bombardamento israeliano su un campo profughi a Rafah domenica sera.

LE IMMAGINI delle vittime palestinesi, dei corpi smembrati e delle tende bruciate hanno suscitato indignazione, spingendo decine di migliaia di persone a manifestare lunedì sera nei quartieri chic compresi tra Place de l’Opéra e la Gare de l’Est, con l’obiettivo di recarsi davanti all’ambasciata israeliana e «per dire stop al genocidio», come ha scritto la rete di organizzazioni Urgence Palestine, che da mesi coordina le mobilitazioni per la Palestina.

La quantità di persone accorsa era sorprendente, come constatato dal manifesto: persino le forze dell’ordine non sono riuscite a inquadrare e contenere la manifestazione, malgrado l’utilizzo di gas lacrimogeni. Per diverse ore, gigantesche manifs sauvages hanno percorso il centro della capitale, prima di essere disperse verso mezzanotte dalla polizia.

Gli appelli a manifestare si ripetono ogni giorno, malgrado i divieti delle prefetture e le cariche notturne della polizia. Martedì qualche migliaio di persone hanno bloccato la tangenziale, mentre ieri sera i manifestanti si sono radunati nella centralissima Place de la République. A Lione e Marsiglia, i rispettivi sindaci hanno annunciato che l’illuminazione cittadina verrà spenta alle 22 «in memoria delle vittime civili di Gaza», ha scritto l’Afp.

Sempre martedì, mentre i manifestanti battevano il pavé, in parlamento si surriscaldava l’aria tra gli scranni dei deputati. «Da ormai otto mesi il mondo guarda due milioni di persone vivere nell’Inferno», ha detto Alma Dufour, deputata della France Insoumise, in un appassionato discorso durante una sessione di domande al governo. «Otto mesi, e non avete preso alcuna sanzione contro questi assassini» ha detto chiedendo che la Francia annunci «la sospensione dei legami economici con Israele».

AL TERMINE, un parlamentare insoumis, Sébastien Delogu, si è alzato di scatto brandendo una bandiera palestinese, mentre dai banchi di Lfi i deputati gridavano «genocidio». «È inammissibile!», ha urlato la presidentes macronista della Camera Yaël Braun-Pivet, la stessa che a qualche giorno dagli attacchi del 7 ottobre e dell’inizio dell’offensiva a Gaza aveva affermato che il sostegno della Francia a Israele era «incondizionato».

Su richiesta di Braun-Pivet, Delogu è stato sospeso per quindici giorni, la massima sanzione prevista dal regolamento. Una severità che ha lasciato la France Insoumise «stupefatta», come ha detto Eric Coquerel, uno dei leader della formazione della sinistra francese, che ha denunciato «la parzialità della presidente della Camera» su X.

Sullo sfondo di tali agitazioni, giace la questione che sembra scuotere l’intera politica francese in questi giorni: la riconoscenza formale dello stato palestinese. Malgrado le pressioni della France Insoumise, alla quale si sono aggiunti ultimamente i Verdi e i Socialisti, il presidente Emmanuel Macron ha rifiutato di prendere posizione. In visita in Germania, si è detto «pronto al riconoscimento» della Palestina, ma rinviando il gesto a «un momento utile, non sotto il dettame dell’emozione», ha detto martedì.