Internazionale

«In Colombia si sta consumando un genocidio»

«In Colombia si sta consumando un genocidio»Nel "resguardo" U’wa al confine tra Colombia e Venezuela – Francesca Caprini

Intervista La neo-sindaca di Cubarà, una delle due prime cittadine indigene elette alle recenti amministrative, racconta il dramma delle popolazioni native in un paese tutt'altro che pacificato: «Il conflitto si è complicato, con nuovi cartelli narcos, nuovi paramilitarismi e la ripresa delle armi da parte di alcuni settori delle Farc. Noi siamo nel mezzo». Domani il "paro" nazionale, dedicato anche ai 15 ragazzini uccisi dall’esercito in agosto durante un'operazione contro la guerriglia 

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 20 novembre 2019

È come una scossa tellurica quella che sta attraversando l’America latina in questi mesi, e ha un ritmo indigeno. Lo dimostra la mobilitazione in Bolivia dopo la cacciata di Evo Morales e il modo in cui la wiphala – la bandiera multicolore del Tahuantisuyo, l’antico impero incaico – ha risposto al governo della senatrice di destra Jeanine Áñez, con gli attivisti indigeni che promettono di bloccare il Paese insieme a studenti, operai e movimenti femministi.

MA LO DIMOSTRA ANCHE la giornata di Paro Nacional indetta per domani, 21 novembre in Colombia. Uno sciopero promosso in primis dal Cric – il Consiglio regionale indigeno del Cauca – all’indomani dell’eccidio, lo scorso 29 ottobre, di otto Nasa. Fra questi la giovane governatrice Cristina Bautista, autorità ancestrale Neehwe’sx del territorio indigeno Tacueyó. Lo sciopero nazionale nato sull’onda dell’indignazione indigena, è oggi appoggiato da quasi tutti i settori sociali colombiani.

È complesso quello che accade oggi in Colombia, paese straziato da un conflitto interno che non ha smussato i suoi picchi di violenza, con lo sdoganamento degli Accordi di Pace fra governo e Farc nel 2016 ma anzi, sta conoscendo una nuova epoca di efferata violenza che vede nel continuo assassinio di leader indigeni uno dei suoi tasselli principali.

LO RACCONTA BENE AURA TEGRIA, sindaca neoeletta di Cubarà – capoluogo della regione di Boyacà – ed esponente del popolo indigeno U’wa. L’avevamo incontrata tempo fa nel resguardo (entità politica e territoriale indigena la cui istituzione risale all’epoca coloniale spagnola, ndr) ai confini col Venezuela. Già allora era la prima donna U’wa ad essere diventata avvocatessa, e come tale appoggiava la resistenza della sua gente.
Aula Tegria è una delle due indigene diventate sindaco nelle ultime amministrative della Colombia, lo scorso ottobre. Un evento straordinario, così come l’elezione nella stessa tornata di Claudia Lopez a sindaca di Bogotà: prima donna a governare una capitale latinoamericana, ecologista e dichiaratamente lesbica.

 

«Nel nostro Paese si sta consumando un genocidio indigeno – ci racconta Aura – noi proteggiamo la Madre Terra, e vogliamo il rispetto degli accordi di pace, che il governo Duque non ha mai appoggiato. Il conflitto si è complicato, con nuovi cartelli del narcotraffico, neoparamilitarismo e la ripresa della lotta armata da parte di alcuni settori delle Farc. Noi siamo nel mezzo, abitiamo terre ricche di risorse ma promuoviamo la pace e la sacralità della Natura: per questo i popoli indigeni in Colombia e non solo vengono criminalizzati, insultati, uccisi».

E GLI U’WA LO SANNO BENE: all’inizio del millennio, è diventata famosa la loro battaglia contro la multinazionale petrolifera Oxi, che in spregio alla Costituzione voleva appropriarsi delle loro riserve petrolifere – per gli U’wa, il sangue della terra. Per mesi si opposero pacificamente all’entrata dei macchinari e dell’esercito, ma vinsero – al duro prezzo di decine di morti: «La situazione è sempre difficile – racconta le neosindaca -: nuovi pozzi, gasdotti e l’oleodotto del Caño Limón, minacciano ancora l’integrità del nostro territorio. Come la maggior parte dei popoli originari – aggiunge – soffriamo la povertà, non abbiamo accesso a salute e una degna educazione, perché è stato tutto privatizzato. L’unica presenza che il Governo prevede è quella relativa alla militarizzazione del territorio».

LE ORGANIZZAZIONI per i diritti umani hanno lanciato nei giorni scorsi un grido d’allarme: dei 700 e più leader comunitari ed ex combattenti assassinati dalla fine dei negoziati di pace a oggi, 200 sono indigeni. Ecco perché Aura è orgogliosa della sua elezione, sa che la posta in gioco è alta: «Essere sindaca – dice – è un passo in avanti per il mio popolo, ma soprattutto per noi donne: essere lideresa è un onore, ma è anche pericoloso. Non solo per il conflitto, ma per il machismo e i pregiudizi che dobbiamo superare. Ed ecco perché lo sciopero di domani è importante: sappiamo che gran parte del Paese è stufo del Governo di Iván Duque, che non tiene conto dei bisogni reali delle persone. Ed è un governo bugiardo».

AURA SI RIFERISCE AI 15 ragazzini ammazzati durante un bombardamento dell’esercito colombiano contro postazioni della guerriglia, a fine agosto: un fatto tenuto a lungo nascosto che ha provocato le dimissioni del ministro della Difesa Guillermo Botero e ha scioccato il Paese. «Il 21N è anche per i 15 bambini uccisi», si legge su uno striscione appeso su un cavalcavia di Bogotà.

Lo sciopero di domani in Colombia – così come quello “indefinito” in corso in questi giorni in Bolivia – sottolinea il momento cruciale che sta vivendo l’America latina, attraversata dalla recrudescenza di governi di destra e dalle conseguente implementazione di politiche economiche neoliberiste che hanno come fine primario la spoliazione delle risorse naturali. Politiche contro cui sembra ergersi – ancora una volta – la voce indigena.

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