Al Caracol de La Realidad ci sono quasi duemila persone. Alla mezzanotte del 9 agosto si muovono sul campo da basket per il baile (ballo) che conclude ogni grande manifestazione promossa in Chiapas, nel Sudest messicano, dall’Esercito zapatista di liberazione nazionale.

In questo agosto del 2014, l’Ezln ha dato appuntamento nella Selva Lacandona ai popoli indigeni di tutto il Messico, riuniti nel Congresso nazionale indigeno (Cni). Dal 4 al 9 agosto, i delegati una trentina tra popoli, tribù e nazioni, arrivati da tutto il Paese, hanno messo in comune le proprie lotte, le «resistenze» e le «ribellioni« che in tutto il Messico rivendicano il riconoscimento dei diritti dei popoli originari sulle terre che abitano e che curano.

Poi, il 9 agosto, La Realidad ha accolto anche osservatori nazionali e internazionali, per l’evento conclusivo dell’incontro, che fin dal titolo – Comparticion entre Cni e pueblos zapatistas– richiama all’idea di «condivisione». Alla cerimonia, con la lettura dei documenti frutto dei cinque giorni di lavoro, ha potuto partecipare anche la stampa. Ezln e Cni hanno così annunciato che dal 21 dicembre 2014 al 3 gennaio 2015 ospiteranno il primo incontro mondiale delle resistenze e delle ribellioni (Festival mundial de las resistencias y rebeldias), un’iniziativa itinerante che verrà inaugurata nell’Estado de México, prevede iniziative a Città del Messico, il Capodanno nel Caracol zapatista di Oventic, in Chiapas, e la chiusura presso l’Universita della terra di San Cristobal de Las Casas.

foto Luca Martinelli
foto Luca Martinelli

Il messaggio è chiaro: solo le lotte dal basso hanno il potere di cambiare il Paese, di creare un mondo in cui possano condividere molti mondi, tra cui quello indigeno. Era il 2001 quando Ezln e Cni, insieme, raggiunsero Città del Messico, nella «Marcia del colore della terra», per chiedere il riconoscimento costituzionale dei diritti dei popoli indigeni, come previsto dagli Accordi di San Andres siglati nel 1996 tra Ezln e governo messicano. Vennero ricevuti dal Parlamento messicano.

Tredici anni dopo quella richiesta rimane inevasa, ma nel frattempo sono cambiate molte cose. Anche la strada che porta a La Realidad, entrando nella Selva a Las Margaritas, che ormai è “pavimentata” fino alla comunita di Guadalupe Tepeyac: non servono più quattro ruote motrici per raggiungere il rincon zapatista più conosciuto, ma il messaggio dell’Ezln e dei popoli indigeni del Messico si deve arrampicare ancora per sentieri impervi, per cercare l’ascolto.

Il governo messicano, ad esempio, ha recentemente approvato una legge di riforma energetica, che apre la strada a pratiche come il fracking (la fratturazione idraulica per estrarre petrolio e gas) e alla privatizzazione della produzione e distribuzione di energia elettrica e petrolio, finora affidate alle imprese pubbliche Cfe e Pemex.

La riforma del settore minerario, approvata invece negli anni Novanta, e collegata al Trattato di libero commercio del Nord America tra Canada, Messico e Stati Uniti d’America, ha invece portato alla concessione (tra attivita di esplorazione e sfruttamento dei giacimenti) di una superficie pari a circa il 16% del territorio nazionale.

Quando sabato mattina arriviamo a La Realidad, mentre la commissione di sicurezza («oficina de vigilancia de los pueblos») controlla i nostri passaporti all’ingresso del Caracol, ascoltiamo la fine dell’assemblea, con la lettura del documento che verrà presentato nel pomeriggio.

È una lista di grandi opere (inutili), che come in Italia vanno dalle autostrade – come la San Cristobal-Palenque, qui in Chiapas – ai grandi progetti energetici, tra cui risaltano dighe e gasdotti, come quello di 160 chilometri tra gli Stati di Puebla e Tlaxcala, nel centro del Messico. Si tratta di uno dei due interventi che, secondo la denuncia del Congresso nazionale indigeno, coinvolgerebbe un’impresa italiana, la Bonatti spa, che ha sede a Parma, si occupa di infrastrutture energetiche e ha partecipato con alcuni propri delegati alla missione del gennaio 2014 dell’allora presidente del Consiglio Enrico Letta. L’altra impresa italiana ritenuta responsabile di violazioni ai danni dei popoli indigeni si chiama invece Enel Green Power, partecipata dallo Stato italiano, attraverso Enel, e risulta impegnata nello sviluppo di progetti eolici su terre comunali nella zona dell’Istmo di Tehuantepec.

Sotto il sole, alle tre del pomeriggio (ma alle quattro nel Sudest messicano, dove vige sempre la hora de Dios, quella solare), tutte le persone presenti si accalcano di fronte al palco.

Tutte le foto scattate dai rappresentanti dei mezzi d’informazione presenti, quasi tutti indipendenti, raccontano questo momento della giornata, che si è tenuto nel templete montato a fianco del campo da basket, e ha visto i rappresentanti dell’Ezln e del Cni intervenire protetti da un cordone di sicurezza, necessario dopo che proprio a La Realidad, nel corso di un’imboscata, il 2 maggio scorso era stato assassinato un indigeno, base d’appoggio dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale.

foto Luca Martinelli
foto Luca Martinelli

Durante la cerimonia, che si e aperta con l’inno messicano e chiusa con quello zapatista, il Subcomandante insurgente Moises, che guida l’Ezln, ha spiegato che nessuno «sa piu immaginare come deve essere la giustizia, e che solo il sudore può aiutare a capirla», aggiungendo che «bisogna conoscere il dolore, per capirla». «Siamo uomini e donne di mais, e come una milpa siamo ancora capaci di fiorire. Mentre il potere distrugge, noi dal basso ricostruiamo» ha concluso Moises, lanciando l’invito al Festival che si aprira il prossimo 21 dicembre anche Oltreoceano, abbracciando idealmente iniziative come il Forum contro le grandi opere inutili e imposte (per l’Italia partecipano, tra gli altri, il Movimento No Tav, re:Common e Opzione Zero, che si batte contro l’autostrada tra Orte e Mestre) e il Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio (www.salviamoilpaesaggio.it).

Oltre all’appuntamento politico, pero, l’iniziativa de La Realidad ha rappresentato uno spazio importante di condivisizione («comparticion» si legge sullo striscione esposto all’ingresso del Caracol). Bisognava esserci, cosi, per vedere e raccontare tutto il resto: il baile, le cucine sempre attive: «Per coloro che si alzano presto per partire, le companeras hanno assicurato che dalle tre il caffè è pronto; dalle 4.30 ci sarà anche il pozole» (bevanda a base di acqua e mais, ndr) ha detto sabato sera, intorno alla mezzanotte, uno zapatista al microfono, interrompendo il ballo. Le file ordinate per usare le docce e i bagni, piatto, cucchiaio e bicchiere, uno a testa, da conservare (con cura) vicino al proprio giaciglio. Frijoles, arroz, tortillas de mais y agua de limon, il menù. I «miliziani» che, armati di scope e secchielli, pulivano e disinfettavano i bagni.

La Realidad – che all’alba del 10 agosto è avvolta da una nebbia quasi irreale – si è trasformata in una cittadella della speranza. Che dalle montagne del Sudest messicano – come si firma la comandancia dell’Ezln nei comunicati – ha lanciato un messaggio universale di «democrazia, giustizia, libertà».