Piangi per te, Argentina. Piangi per l’incubo che avrà inizio oggi con l’insediamento di Javier Milei alla Casa Rosada: un piano shock di privatizzazioni, licenziamenti e tagli alle spese sociali indicato come la soluzione ai mali del paese. Se una brutale svalutazione è subito attesa per la prossima settimana – e avrà un impatto fulminante su un’inflazione annuale che già supera il 140% -, ciò che ne seguirà lo ha previsto lo stesso Milei per i primi mesi del suo governo: la cosiddetta stagflazione, micidiale combinazione tra caduta dell’attività economica e aumento del costo di beni e servizi. Con ovvie ricadute sulla precarietà lavorativa e una povertà arrivata, nel terzo trimestre 2023, al 44,7% (e addirittura al 62,9% nella fascia di bambini e adolescenti).
Se ne sono, del resto, già viste tutte le avvisaglie: già all’indomani del ballotaggio, approfittando dell’annuncio di Milei che non ci sarà alcun accordo per controllare i prezzi – tutto sarà delegato al mercato -, le grandi imprese avevano presentato listini con aumenti fino al 45%.

A PORTARE AVANTI IL PIANO di risanamento fiscale sarà lo specialista di mercati Luis Caputo, scelto da Milei come ministro dell’Economia: lo stesso che, alla guida del ministero delle Finanze sotto il governo Macri, si era distinto per una spregiudicata politica di indebitamento che avrebbe, passo dopo passo, condotto al prestito di 44 miliardi di dollari concesso dal Fmi nel 2018.

Ad accompagnarlo, nella squadra di governo – composta da soli nove ministri – che inizierà ad operare da domani, c’è tutto il peggio della casta argentina. Con una sorpresa: Mauricio Macri, indicato dopo il ballottaggio come una sorta di co-vincitore senza cui Milei non avrebbe potuto di fatto governare, è stato pesantemente ridimensionato a vantaggio dell’ex ministra della Sicurezza nonché candidata presidenziale di Juntos per el Cambio Patricia Bullrich, alle prese con l’ennesimo cambio di casacca. Passata dall’adesione ai montoneros, peraltro sempre negata, alla presidenza del partito Propuesta Republicana fondato da Macri, di cui ha guidato la corrente più di destra, quella dei cosiddetti falchi, Bullrich non ha esitato a mollare l’ex presidente per avviare trattative dirette con il vincitore. Ottenendo praticamente tutto: per sé, di nuovo, il ministero alla Sicurezza (alla guida del quale si era distinta per un’azione repressiva tradottasi, tra molto altro, nella scomparsa e nella morte di Santiago Maldonado e nell’assassinio del mapuche Rafael Nahuel), e per il suo vice Luis Petri, vicino alle idee del presidente salvadoregno Nayib Bukele, il ministero della Difesa.

UNA SCELTA CHE, DA UN LATO, ha sigillato l’alleanza tra La Libertad Avanza di Milei e la corrente più conservatrice di Juntos por el Cambio e, dall’altro, ha lasciato di fatto nelle mani di Bullrich l’intera gestione delle forze dello stato in un periodo che si annuncia gravido di conflitti sociali. Proprio quella gestione che Milei aveva promesso in più occasioni alla sua vice Victoria Villarruel, massima rappresentante del negazionismo sui crimini della dittatura, che dovrà probabilmente accontentarsi di un ruolo istituzionale come presidente del Senato.

IL RIDIMENSIONAMENTO di Macri ha tuttavia anche un costo politico: dall’aspirazione a co-governare, l’ex presidente è passato alla determinazione di negoziare «legge per legge», tanto più dopo la decisione di Milei di negare la presidenza della Camera dei deputati al suo rappresentante Cristian Ritondo e di darla invece a Martín Menem, nipote di Carlos Menem. Cosicché sarà molto difficile per il presidente anarco-capitalista, il quale può contare solo su 38 deputati e 7 senatori, ottenere i voti necessari per far passare i suoi provvedimenti, a meno che non voglia davvero governare per decreto come gli ha suggerito di fare la nuova ministra degli Esteri Diana Mondino, la figura scelta da Milei per realizzare l’annunciata drastica virata alle relazioni internazionali dell’Argentina, nel segno dell’amicizia prioritaria con Stati Uniti e Israele.

MA C’È ANCORA DI PEGGIO: se a presiedere il Ministero della Salute, recuperato in extremis, è stato chiamato Mario Russo, un noto anti-abortista, a capo dell’Avvocatura di Stato Milei ha nominato Rodolfo Barra, l’ex ministro della Giustizia di Menem e figura chiave nel processo di privatizzazione di oltre 60 imprese statali, costretto a dimettersi nel 1996 in seguito alle rivelazioni sulla sua militanza filonazista giovanile. Mentre nel mega-ministero del «Capitale umano» guidato da Sandra Pettovello, che ingloba Sviluppo sociale, Lavoro ed Educazione, a occuparsi di quest’ultima sarà María Eleonora Urrutia, legata al settore educativo privato e moglie di Hernán Büchi, ex ministro di Pinochet.