Mette subito le mani avanti Totò Martello prima di lasciarsi andare nello sfogo. «Faccio una premessa perché non accetto strumentalizzazioni: non è un problema né di razzismo e neppure di accoglienza, perché sul tema delle migrazioni noi non accettiamo lezioni da nessuno, sia chiaro». Poi il sindaco affonda il colpo. «Lampedusa è allo stremo, in questo momento ci sono decine di tunisini che bivaccano e vivono per strada e stanno creando grossi problemi di ordine pubblico». E lo Stato? «E assente, siamo stati lasciati da soli – sostiene il sindaco di Lampedusa – Le forze dell’ordine che presidiano il centro non riescono a gestire questa situazione, non si tratta di rifugiati molti dei 180 migranti ospiti del campo si comportano da delinquenti». Martello fa appello al governo Gentiloni: «Chiuda l’hot spot, è una struttura inutile che non serve a niente, chiedo l’intervento immediato del ministero degli Interni».

Il sindaco si fa interprete di una condizione di disagio che sta vivendo Lampedusa: «Sono surclassato da decine di messaggi ed sms di protesta e disperazione». «I bar sono pieni di tunisini che si ubriacano, fanno fracasso, mettono paura agli avventori», racconta. «Ricevo segnalazioni di donne molestate da giovani tunisini, spesso sotto l’effetto di alcolici – continua – i turisti sono impauriti, gli albergatori, i commercianti e i ristoratori subiscono quotidianamente, non ce la fanno più».

Il sindaco segnala diversi episodi: «Per due volte un fruttivendolo che si trova davanti alla stazione dei carabinieri ha subito il furto di fiaschi di vino. Ci sono furti continui nelle botteghe di abbigliamento e di alimentari, gli atteggiamenti aggressivi sono ormai all’ordine del giorno. Alcuni tunisini si sono affrontati per strada in una rissa prendendosi a colpi di anguria, davanti agli occhi atterriti della gente». «Il comune non ce la può fare da solo – prosegue il sindaco – Se lo Stato, a tutti i suoi livelli, non è grado di gestire questa situazione nel centro dell’isola, poiché molti di questi tunisini si comportano da delinquenti, chi di dovere li rinchiuda in carcere».
Un appello estremo quello del sindaco di Lampedusa che con lo Stato ha già aperto un altro fronte: quello della moratoria fiscale. «Dalla denuncia fatta un mese fa non è cambiato nulla», accusa Martello. «Mi hanno detto che c’è un problema di bilancio, che la questione è tecnica – osserva – ma il problema è anche politico». Se il governo Gentiloni non troverà il modo di prorogare la sospensione del pagamento delle imposte, gli isolani dovranno pagare le tasse degli ultimi sette anni. E tutte insieme, al massimo con una rateizzazione.

Il documento dell’Agenzia delle entrate risale al 7 agosto: «Ripresa degli adempimenti tributari, diversi dai versamenti, non eseguiti per effetto delle disposizioni emanate in seguito all’eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del nord Africa nell’isola di Lampedusa».

A concedere la moratoria fu l’allora governo Berlusconi, che in quei giorni decise anche di comprare una villa nell’isola, frequentata dai suoi figli. Era il 2011, l’isola fu invasa da 5mila tunisini mentre imperversava la primavera araba. Ma l’ex sinaco Giusi Nicolini, prende la palla al balzo, per scagliarsi contro Totò Martello: «Ho l’impressione che il mio successore voglia fare del terrorismo. Basterebbe controllare il numero delle denunce presentate ai carabinieri: a me risulta solo un furto da un negozio di frutta e verdura». Per Nicolini, chiamata da Matteo Renzi a far parte della segreteria del Pd, «si sta cercando di ricreare quel clima di paura che c’era a Lampedusa prima della mia elezione, quando si amministrava con la logica emergenziale». Ma per Fabrizio Micari, candidato governatore del centrosinistra, «l’allarme non deve essere sottovalutato: non è certo in discussione la vocazione dell’isola all’accoglienza, ma bisogna garantire sicurezza per tutti i cittadini anche a tutela degli stessi migranti».