«Chiediamo alla procura il sequestro del Centro di permanenza per i rimpatri di Milano, i fatti di questi mesi dicono che neanche un Cpr sotto indagine e commissariato può diventare umano». Riccardo Tromba è il presidente dell’associazione Naga, associazione che da anni si occupa di immigrazione e delle condizioni di detenzione della struttura di via Corelli. È proprio a seguito delle denunce fatte dal Naga che a dicembre 2023 i pm hanno aperto un’inchiesta sul centro milanese che ha portato al commissariamento della struttura. La situazione, però, non è migliorata, per questo martedì il Naga ha depositato un esposto in procura.

Cosa dice l’esposto?

Riguarda i fatti di violenza e autolesionismo avvenuti tra 10 e 18 febbraio, quando ci sono stati segnalati episodi molto gravi. In particolare nella notte tra 10 e 11 ci sono arrivati video che mostrano la protesta di alcuni migranti nel cortile del Cpr, nudi sotto la pioggia. Altre immagini riguardano il pestaggio degli agenti della guardia di finanza in tenuta antisommossa nei corridoi. Nei giorni seguenti ci sono arrivate testimonianze di altri gravi episodi. Tutti questi fatti sono dettagliati nell’esposto con testimonianze audio, video e fotografiche.

Cosa vi aspettate dai pm?

Chiediamo di indagare sui fatti, accertare le responsabilità, ma soprattutto di sequestrare il Cpr e in prospettiva chiuderlo, partendo dalla constatazione che neanche la gestione commissariale ha risolto i problemi che la stessa magistratura aveva rilevato con ispezioni e indagini.

Cosa vi preoccupa di più in questa fase?

La tutela dei diritti delle persone, che ci sembra sempre più sacrificata al dover tenere aperta la struttura. Lo dicono le testimonianze ricevute e lo abbiamo verificato noi stessi con gli accessi insieme ai consiglieri regionali Luca Paladini e Paolo Romano. Abbiamo ricevuto video che mostrano una persona che vaga senza reggersi in piedi in evidente stato di semi incoscienza, o la segnalazione di un uomo con problemi di coliche renali, finito in pronto soccorso e poi trattenuto ancora senza cure. Abbiamo anche raccolto la testimonianza di una persona a cui è stato impedito di chiedere asilo.

Tutti questi problemi messi in fila cosa dicono?

Dicono che i Cpr non sono riformabili, neanche quando sono sotto indagine della magistratura. Il Cpr di Milano dice che la storia si ripete. A ogni chiusura temporanea ha corrisposto una riapertura in condizioni sempre peggiori, ma non può essere altrimenti. Le persone giustamente fanno resistenza a una situazione assurda, a una detenzione incomprensibile, più crudele del carcere. Si percepiscono senza futuro e in numerosi casi ci hanno detto che preferiscono rischiare la vita piuttosto che stare lì dentro. E quindi aumentano i casi di autolesionismo o i tentativi di suicidio. Le persone i pezzi di vetro o le lamette li ingoiano davvero, la vita la mettono a rischio davvero. Le istituzioni devono farsi carico di questa sofferenza. La storia dei Cpr è segnata fin dalla loro nascita da simili episodi, per questo vanno chiusi: causano nuovi problemi a chi ha già problemi, portano sofferenza lì dove c’è già sofferenza. Oggi vengono rinchiuse nei Cpr persone con enormi fragilità, come problemi di salute mentale. Queste strutture sono sempre più delle «discariche sociali» e degli strumenti di controllo sociale.

Ora il Cpr di via Corelli potrebbe chiudere temporaneamente per poi riaprire una volta terminati i lavori di ristrutturazione. Che notizie avete riguardo a questa possibilità?

La prefettura di Milano dice che il centro non sarà chiuso e che i lavori saranno fatti diminuendo la capienza. Quindi ci aspettiamo trasferimenti da Milano in altri Cpr sparsi per l’Italia. Noi ci auguriamo che il nostro esposto alla procura possa influire su questa decisione e che la fase dei lavori possa sfociare in una chiusura definitiva. Ma soprattutto crediamo che del Cpr debba interessarsi tutta la cittadinanza, a maggior ragione ora che tutti sanno cosa accade dentro. Sui Cpr, a Milano come altrove, devono esserci gli occhi di tutta la società.