Il blocco dei partiti di estrema destra e religiosi che sostengono Benyamin Netanyahu ha ottenuto 64 seggi sui 120 della Knesset secondo i dati definitivi (ma non ufficiali) delle elezioni del primo novembre.

Il primo partito è il Likud con 32 seggi, seguito dai centristi del premier uscente Yair Lapid con 24 seggi, e da Sionismo religioso che da sette passa a 14 seggi diventando il terzo partito di Israele.

Il Meretz (sinistra sionista) è fuori dal parlamento per la prima volta in trent’anni.

Il successo di Sionismo religioso, formazione ultranazionalista con evidenti venature razziste, e l’enorme popolarità conquistata dal suo leader Itamar Ben Gvir, animano il dibattito e generano timori e preoccupazioni in quella parte del paese che non si riconosce nella destra vittoriosa.

Intanto la tensione non cala in Cisgiordania dove ieri sono stati uccisi altri tre palestinesi: due in raid dell’esercito israeliano a Jenin e uno durante proteste contro l’occupazione a Beit Duqu. Un quarto palestinese, che aveva ferito un poliziotto, è stato ucciso a Gerusalemme.

Sulle ripercussioni della vittoria elettorale della destra guidata da Netanyahu e Ben Gvir abbiamo intervistato Meron Rapoport, ex caporedattore del quotidiano Haaretz e ora analista per diverse testate giornalistiche israeliane e straniere.

Martedì, scrivono e dicono tanti, è avvenuta una rivoluzione «kahanista» e «bibista», realizzata dal Sionismo religioso di Itamar Ben Gvir, l’estremista di destra seguace del razzista Meir Kahane, e dai sostenitori di Benyamin (Bibi) Netanyahu. È d’accordo?

Il bibismo c’entra poco. Siamo davanti a un nuovo fenomeno, a un partito (Sionismo religioso) che non dipende da Netanyahu. Al contrario è Netanyahu che dipende da questo partito che è fascista, non neofascista. Una forza che esprime chiaramente il suo razzismo e che afferma che gli ebrei hanno più diritti degli altri. Che questa terra è soltanto per loro. E chi si oppone a questo regime può essere ucciso come terrorista o si può deportarlo, anche se è un ebreo. Tutto questo non l’abbiamo visto dal 1948 (dalla Nakba palestinese, ndr).

Itamar Ben Gvir è stato sdoganato nel paese e dalla maggior parte delle organizzazioni pro-Israele nel mondo, mentre, fino a poco fa, era tenuto ai margini. Questo può dare luce verde alla attuazione del suo programma se e quando diventerà ministro della pubblica sicurezza?

Non sappiamo adesso ciò che farà e se avrà il potere di farlo. Conterà anche l’opposizione dei palestinesi con la cittadinanza israeliana (gli arabo israeliani, ndr) e di quelli nei Territori occupati e l’eventuale pressione della comunità internazionale. L’Amministrazione Biden ha già fatto sapere che non incontrerà e coopererà con Ben Gvir. Non siamo nel 1948, (Ben Gvir) non può fare tutto quello che vuole, il panorama politico israeliano e internazionale non è quello di 74 anni fa. Allo stesso tempo c’è il dato significativo di centinaia di migliaia di israeliani che lo hanno votato sapendo perfettamente ciò che dice e vuole fare. Ben Gvir sarà l’uomo forte del nuovo governo, Netanyahu è solo un simbolo, anche questo peserà nelle dinamiche future.

Se il nuovo governo dovesse attuare anche solo una parte del programma di Sionismo religioso, prevede un rischio concreto di guerra civile tra ebrei e arabi in Israele e di scontro sempre più violento tra coloni israeliani e palestinesi nei Territori occupati?

Guerra civile è una parola grossa ma una violenza diffusa, continua, in Cisgiordania e nelle città miste di Israele è possibile. Siamo in un momento delicato, in cui è difficile prevedere tutto ciò che accadrà sul terreno di fronte a determinate politiche. Ricordo che il capo della polizia, Kobi Shabtai, l’anno scorso, durante le proteste (nel quartiere palestinese) di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme, dichiarò che gran parte delle violenze furono causate dalle provocazioni di Ben Gvir. Tra poco Ben Gvir potrebbe essere il suo capo.

Perché il leader di Sionismo religioso è diventato un eroe, un mito, per tanti giovani israeliani di destra, inclusi quelli religiosi ultraortodossi?

Ben Gvir rappresenta agli occhi dei giovani e non solo loro, la supremazia ebraica. Il leader di Sionismo religioso osserva, come i suoi tanti sostenitori, l’avvenuto rafforzamento della minoranza palestinese in Israele a livello economico, dell’istruzione universitaria e in altri campi. Negli ospedali ci sono tanti medici arabi, nelle università lo stesso. Così gli ebrei che abitano nelle periferie, nelle aree più emarginate del paese pensano che gli arabi siano avanzati più di loro. Ben Gvir e i suoi elettori hanno visto un partito arabo (l’islamista Raam, ndr) entrare nel governo e prendere parte ai giochi politici nazionali. E che il centrosinistra lo ha accettato, volentieri o non volentieri non si sa, ma lo ha accettato. Tutto questo, a loro modo di vedere, mette in pericolo la supremazia ebraica in Israele.

Quanto ha inciso la fine o la riduzione del pericolo esterno per l’esplosione del fenomeno Ben Gvir?

Parecchio. La mancata annessione della Cisgiordania a Israele nel 2020, di fatto in cambio della firma degli Accordi di Abramo tra Israele e alcuni paesi arabi, ha evidenziato che il conflitto non è più all’esterno. Per Ben Gvir questo conflitto è ora all’interno di Israele. In fondo parla poco dei coloni in Cisgiordania sebbene sia lui stesso un colono a Hebron. Il suo discorso politico è centrato sul conflitto che lui vede dentro Israele. La destra ora si concentra sulla presunta minaccia interna, i palestinesi cittadini di Israele.

In questo quadro a tinte fosche c’è spazio per un raggio di luce?

Chissà, questi processi in atto potrebbero innescare dei ripensamenti nella sinistra ebraica in Israele sui rapporti con la minoranza palestinese. Gli ebrei di sinistra e anche quelli di centro devono capire che senza i diritti per quella minoranza, la democrazia stessa è in pericolo. La sopravvivenza della democrazia per gli ebrei dipende da quella per i cittadini arabi palestinesi.