Il suono caldo di Montevideo
Polifonie Immersione nel profilo acustico della città: locali, partiture «visive» e affollati spazi collettivi. Ombre e luci, itinerario di note tra i quartieri della capitale uruguayana
Polifonie Immersione nel profilo acustico della città: locali, partiture «visive» e affollati spazi collettivi. Ombre e luci, itinerario di note tra i quartieri della capitale uruguayana
Qual è il suono di Montevideo? Impossibile trovare una sonorità dominante: è, piuttosto, una polifonia quella che tratteggia il profilo acustico della capitale uruguyana. C’è l’intenso traffico della centrale Avenida 18 de Julio e delle ramblas lungo la riva nord del Rio della Plata che si apre in un amplissimo estuario: è il fiume-mare, sconfinato, che costeggia gran parte della città con le sue spiagge, i tipici scorci, gli spazi collettivi e socializzanti tanto amati dai cittadini di Montevideo. Il profilo sonoro si può, anche, avvertire in piccoli «segnali»: un trombettista solitario che suona brani classici, con piglio militare, sotto la Puerta de la Ciudadela; la partitura «visiva» delle centinaia di murales dai soggetti svariati; il jazz nei ristoranti un po’ lounge (come il «Dueto»), il tango (Carlos Gardel era di origini uruguayane) nella centralissima libreria, con caffè e ristoro, «Mas Puro Verso» (un’ex ferramenta in stile liberty) ma può capitare anche di sentire solo rock americano nei tipici locali del porto (dove, però, si mangia carne). Forte può essere, il vento che soffia e risuona come la bora triestina ed onnipresente è il «non-suono» del mate che moltissimi uruguayani si portano dietro e sorbiscono nell’arco della giornata.
Montevideo è la città natale di Juan Carlos Onetti, uno dei più grandi narratori sudamericani con Julio Cortazar e Gabriel Garcia Marquez, influenzato da Faulkner e Borges. Vi visse fino ai vent’anni ma la città rimase «dentro» la sua narrativa visionaria, ricca di luoghi fantastici e di passaggi dalla realtà oggettiva ad una baroccamente immaginaria. Alle tematiche di Onetti il fotografo milanese Pino Ninfa ha dedicato un’originale mostra Un tiempo, un lugra, una historia, en viaje con J. C. Onetti che si è appena chiusa proprio a Montevideo, nel sontuoso Palacio Santos (a cura di Ministerio Relaciones exteriores, Istituto Italiano di Cultura di Montevideo ed Ambasciata d’Italia). L’ombra di Onetti e le sue intense suggestioni sonore rivivono ancora oggi. Basta andare allo storico Baar Fun Fun (calle Soriano, locale nato nel 1895, dai muri tappezzati di foto di artisti e simboli calcistici) per vedere ballare sul piccolo palco il tango appassionato, virtuoso e sensuale di Ihara Stolarsky e Federico Garcia o ascoltare la voce scura e potente di Ricardo Olivera – uno dei migliori cantanti di tango e folclore uruguayo, accompagnata dalla ruvida, espressiva chitarra di Luis Martinez.
Il locale è celebre («Per la sua storia e il suo presente – recita il sito – è un bastione ineludibile della produzione rioplatense»), una seconda casa per Olivera, spesso frequentato dagli abitanti di Montevideo che si uniscono nel canto, in un clima di complicità totale. Se si vuole guardare ad artisti più contemporanei il batterista jazz uruguyano Diego Pinera ha da poco registrato il cd Despertando in cui omaggia il suo maestro e mentore Osvaldo Fattorusso e la tradizione del folclore candombe, mentre il trio argentino Aca Seca (ultimo album Trino) attinge anche alla musica uruguaya.
Grande è, comunque, a Montevideo l’interesse per i concerti, con nutrite e seguite stagioni di musica classica che invitano spesso solisti ed ensemble italiani. È quasi naturale per un paese dove sino a pochi anni fa la nostra lingua era materia d’obbligo, ci sono 50 mila cittadini con doppio passaporto (su 3.400.000 abitanti), il 44% della popolazione è di origine italiana. Del resto nella capitale è molto apprezzata la Scuola Italiana di Montevideo (SIM) attiva da centotrenta anni. Allo storico teatro Solis (1856), affacciato sulla centralissima Plaza Indipendencia, si susseguono stagioni che si aprono anche alla scena rap (Kung-Fu OmBijam).
A fine agosto si è esibito con successo il Sestetto Stradivari, con un recital basato su brani di R. Strauss, A.Shoenberg e J.Brahms (sempre con il contributo di I.I.C.M e dell’Ambasciata). Al moderno Auditorio Nacional del Sodre (originario del 1931, ristrutturato nel 2008) ha fatto il tutto esaurito nello stesso periodo il concerto «Paganini y El Nuevo Mundo», con l’Orquesta Sinfonica del Sodre diretta da Diego Naser e la violinista Francesca Dego, una delle poche interpreti di Paganini (si ascolti il cd Deutsche Grammophon Paganini/Wolf-Ferrari Violin Concertos, con la Symphony Orchestra di Birminghan guidata da Daniele Rustioni).
Un recital di successo – anch’esso sostenuto dall’Ambasciata d’Italia e dall’Istituto Italiano di Cultura – grazie al grande spessore tecnico ed espressivo della 28enne Dego (talentuosa allieva di Salvatore Accardo), dimostrato nel Concerto per violino n°1 in Re maggiore, op.6 del maestro genovese e, d’altro canto, per lo slancio dell’Orchestra nell’eseguire la Sinfonia n°9 in Mi minore, op.95 del Nuovo Mondo di Antonin Dvorak. Il suo direttore Diego Naser, in carica dal gennaio ‘18 e dalla vasta esperienza internazionale, con la formazione è anche attivo nel sociale, con interventi nei quartieri periferici della metropoli.
Il suono di Montevideo, si diceva. Non si può dimenticare quello del Calle Paraguay, con i suoi numerosi, vasti e ben «presenti» negozi di strumenti e amplificatori; la musica si trova ancora al centrale Museo de Arte Precolombino e Indigena (MAPI), in una sala con strumenti folclorici di varie aree del Sudamerica, tra cui uno straordinario cordofono del popolo Guarani ed una sorta di alpenhorn proveniente dalle Ande. Eppure il suono migliore è il vociare delle scolaresche che si trovano sempre e in tutti i monumenti e musei, vivaci e curiose, dal quello di arte contemporanea Gurvich al teatro Solis, costantemente seguite da guide specializzate e attente. È una direttiva del ministero Educacion y Cultura e c’è sempre da imparare.
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