Il mondo dei media cambia molto rapidamente. Tecnologie e modi di comunicare si modificano in continuazione e il digital divide aumenta, creando dei solchi sempre più ampi tra le generazioni. Chi si è formato in un’epoca nella quale dominavano altri strumenti di comunicazione fatica ad accettare il nuovo che avanza a veloci passi.

Che cosa può insegnare allora sul mondo contemporaneo della comunicazione un ottantenne la cui cultura proviene fondamentalmente dal medium libro come Umberto Eco?

Qualcosa di estremamente importante: che i frenetici cambiamenti che caratterizzano gli strumenti e la cultura dei media si possono affrontare mediante la fedeltà al proprio punto di vista. Dunque, così agendo ci si può muovere senza difficoltà anche nelle nuove terre della comunicazione.

Dopo aver pubblicato Opera aperta e Diario minimo, Eco ha dato alle stampe infatti nel 1964 Apocalittici e integrati, un libro con il quale ha dimostrato con chiarezza che occuparsi della cultura dei media non comporta necessariamente di dover sottostare ad essa. Non è un caso che nelle pagine finali di tale libro Eco ponesse una questione fondamentale: quella della quantità di potere a disposizione dei soggetti che comunicano. Infatti, a suo avviso, tutti, a cominciare dagli antichi greci, per comunicare al meglio hanno la necessità di impiegare delle tecniche retoriche per ottenere un elevato livello di persuasione dell’interlocutore. Ma c’è vera democrazia solamente quando sussiste una parità di condizioni: come avviene in tribunale o in parlamento, ciascuno dev’essere libero di persuadere l’altro.

Secondo Eco però nelle società contemporanee il rapporto di potere è diseguale, perché c’è un potere economico che ha la proprietà sia dei mezzi di produzione che di quelli di comunicazione. E ciò che avviene dunque è che «sarà sempre il potere a persuadere me, non io a persuadere il potere». Da qui discende la profonda convinzione di Eco che gli strumenti di comunicazione non sono neutrali ed è necessario dunque esercitare «una critica costante» nei loro confronti. Come ha proposto qualche hanno dopo quando ha parlato della necessità di esercitare una «guerriglia semiologica» da parte di chi riceve i messaggi dei media.

Per Eco la situazione non è cambiata nemmeno dopo l’arrivo di uno strumento di comunicazione rivoluzionario come Internet. Uno strumento che consente agli utenti l’interattività, ma dal punto di vista del potere a disposizione non cambia nulla finché tra le grandi imprese che operano al suo interno e i singoli utenti rimane la stessa situazione di disparità che esisteva nell’Italia degli anni Sessanta.

Per questo Eco ha più volte sottolineato negli ultimi anni la necessità di una educazione delle persone all’analisi critica anche rispetto al Web e ai social media.

Questi possono insomma creare masse di «imbecilli», come ha detto con una provocatoria boutade nell’estate del 2015, ma possono ugualmente essere impiegati per migliorare il funzionamento del cervello umano.