Aveva proprio ragione Paul Krugman: ci sono idee, cattive idee, che sono come gli zombie, non muoiono mai, e per quanto le sopprimi, dimostrandone l’erroneità, tornano sempre. Una di queste è che «si vince al centro». Ora che ha vinto Biden, subito, come un riflesso pavloviano, ecco gli zombie della (nostra) sinistra a gridare che «si vince al centro». Se c’è una cosa che il voto americano ha mostrato è quanto quel paese sia diviso. Ragionare in termini di «si vince al centro» è totalmente fuorviante. E non a caso, riappaiono i Veltroni, i Renzi, i Giddens (quale ritorno! Un vero zombie). Con, naturalmente, gli alfieri di Repubblica a dar loro voce.

Se Biden ha preso 80 milioni di voti (un record) è perché con quell’anatra zoppa di Trump – un vero pericolo per tutti quelli che, quanto meno, vogliono difendere la democrazia – l’affluenza è stata formidabile. Ma Trump stesso ha chiamato a raccolta i suoi e molti di più (mai un perdente aveva preso tanti voti, anche questo un record). Due elettorati, però, molto lontani. E se qualcosa appare evidente è che il malcontento, il disagio, quel voto bianco dei lavoratori non istruiti e dei «penultimi» non è stato catturato dai Dem. Sarà perché, appunto, si presentavano con un Biden molto «di centro» piuttosto che con quel «socialista» di Sanders? La mappa del voto evidenzia quali contee sono andate blu e quali rosse. E, trasversalmente, ci dicono già i sondaggi post-voto, vediamo che la divisione tra l’America di chi è rimasto indietro e degli altri si è fatta, se possibile, ancora più netta di quattro anni fa.

Certo, c’è il voto degli afro-americani che è tornato a premiare i Democratici, sull’onda del Black Lives Matter, più quello di giovani e donne, mobilitatisi en masse, per dire no al trumpismo razzista e machista. Ma c’è il voto degli sconfitti della globalizzazione che si è ingrossato e mai come ora sperava di averla vinta (con le sue frange estreme e le minoranze iper-conservatrici ben mobilitate) con The Donald.

L’alternativa, ahinoi, non è stata tra vincere al centro e il socialismo. L’alternativa, messa in questi termini, è mal posta, perché non è questo il punto. Il punto è che i Dem non riescono ad uscire da quel modello di società e di sviluppo che hanno avuto e ancora hanno in mente: un liberismo moderato, controllato, con un tantino di social welfare e molta libertà per il grande capitale di far crescere l’economia. Facciamola crescere, sì, ma chi ci guadagna? Non quelle classi medio-basse, ma solo le alte, urbane ed istruite. I dati ci dicono che nel 2020 della pandemia, negli Usa, l’1% più ricco della popolazione ha visto aumentare rendite, redditi e capitalizzazioni, mentre il resto è «sopravvissuto», in parte grazie allo «stimolo», in parte grazie alla resilienza del lavoro dipendente. E, in molti, stanno andando ad ingrossare le file di quelli che chiedono un sussidio. E quelli che Trump aveva sedotto quattro anni fa – già disillusi e persi dai Dem di centro e di sinistra – sono, possibilmente, aumentati, stavolta andando en masse a votare. Perché, dunque, Biden non ha vinto «a valanga»? Forse perché non è riuscito a catturare le masse penalizzate da quel modello.

E lo stesso vale da noi, dannazione. Se non la smettiamo di credere nella «crescita» (liberista), che è disuguale e lascia indietro tanti, anche da noi quel ventre molle dei tanti delle classi medio-basse si rivolgerà – come ha già fatto – contro la sinistra che a loro non pensa (perché pensa solo alla crescita, illudendoci che sia equa, ma la crescita liberista non è equa). La disuguaglianza, se persistente, inacidisce e a tradire le attese di un popolo bloccato sui gradini bassi della scala sociale porta solo al suo allontanamento.

Certo, Biden ha vinto perché ha ri-attirato quelli delle classi medie che Trump ha spaventato troppo (per il suo suprematismo, razzismo, machismo, fascismo), che alla fine hanno fatto la differenza. Ha ricompattato la sua base nera, coloured, asiatica magari, ma non la pancia oscura dei sobborghi.
I nostri sobborghi sono i comuni peri-urbani, le periferie delle metropoli del centro-sud, ma anche il nord-est, le valli lombarde (questi sono «ricchi», è vero, ma questi vogliono solo chiudere le porte al mondo, perché la globalizzazione liberista non piace neanche a loro e fa loro paura). Non è solo l’economia, sì: è l’anti-globalismo dei culturally displaced, di chi ha perso ogni riferimento e si sente abbandonato. Decine, milioni di forgotten men delle pianure e dei sobborghi.

Decine, migliaia di forgotten people delle nostre periferie, delle nostre aree interne.

Prima di dire che «si vince al centro», prima di ridare voce agli zombie, ora, pensiamoci due volte, perché la prossima volta potrebbe andare peggio, altro che governo «giallo-rosso». La pandemia frantumerà la scala sociale, perché questa lunga angosciosa apnea aumenterà disagio e bisogno di sostegno e a uscirne peggio saranno i meno protetti. Che non avranno la pazienza di credere alla profetica crescita che arricchisce gli altri senza tutelare i deboli.